Ab ordine chaos

– Non sei tu Romeo e un Montecchi?
– Nè l’uno né l’altro, bella fanciulla,
se l’uno e l’altro a te dispiace […]
– Il tuo nome soltanto è mio nemico:
tu sei sempre tu stesso,
anche senza essere un Montecchi […]
Oh, mettiti un altro nome!
Che cosa c’è in un nome?
Quella che noi chiamiamo rosa,
anche chiamata con un’altra parola,
avrebbe lo stesso odore soave

William Shakespeare, Romeo e Giulietta, atto II, scena II

Si immagini di aver fatto un trasloco e di avere una montagna di libri ammassati alla rinfusa sul pavimento della biblioteca. È necessario mettere un po’ di ordine nella stanza… Gli scaffali sono vuoti e ci viene data ampia libertà di organizzare la distribuzione dei libri.
A seconda della nostra indole e convenienza, sistemeremo i libri:

  1. per autore in ordine alfabetico per trovare facilmente tutti i testi disponibili, per esempio, di Dante Alighieri;
  2. per titolo in ordine alfabetico;
  3. per macroargomenti, come storia, fisica, filosofia;
  4. per casa editrice;
  5. per formato e dimensioni in base agli spazi disponibili;
  6. per colore della copertina al fine di migliorare l’effetto cromatico della libreria;
  7. per rarità, prezzo, valore affettivo o economico;
  8. per altri numerosi criteri, più o meno personali.

È evidente che il criterio scelto deve essere funzionale alle esigenze specifiche di chi utilizzerà la biblioteca. Ho notato che generalmente i negozi di mobili sistemano i libri in base al colore e alle dimensioni dei volumi, i quali, il più delle volte, sono finti.
Le biblioteche pubbliche invece, così come le librerie, si attengono in genere alla divisione dei volumi in base all’argomento, in modo da facilitare la ricerca dei fruitori.
Per esempio in una sezione si troveranno i testi di narrativa, in alto quelli di autori stranieri, in basso la narrativa italiana… da sinistra verso destra gli autori sono sistemati in ordine alfabetico. In altri scaffali potranno esserci i saggi, opportunamente separati a seconda dell’argomento trattato.
Tutto ciò corrisponde abbastanza bene alle esigenze degli uomini che agiscono volentieri in un ambiente ordinato piuttosto che nella confusione.
La conveniente aspettativa di ordine e di sistemazione delle cose è indubbiamente giustificata e opportuna, e utilizza necessariamente il concetto filosofico di “categoria“.
Il filosofo Giordano Bruno spiegava che le categorie “indicano le diverse relazioni che possiamo stabilire tra le nostre idee“, e il Magalotti specificava che le categorie sono “partizioni, sezioni, classi in cui comprendere in serie ordinata tutti gli individui o le cose di una stessa natura o genere“.
Fin qui tutto bene.
Il nostro emisfero sinistro gioirà dell’esistenza delle categorie e della conseguente possibilità di analizzare la realtà che ci circonda. I docenti avranno migliori possibilità di dividersi gli ambiti di insegnamento. Gli studenti si potranno meglio organizzare nei loro studi. E, per tornare all’esempio iniziale dei libri da sistemare, noi tutti potremo trovare agevolmente il volume che ci interessa consultare.
La comodità dell’uso delle categorie è tale che difficilmente la nostra civiltà potrebbe farne a meno. Ed è qui che sorge il problema. L’abitudine a ragionare per categorie induce la mente umana a credere che le categorie siano reali suddivisioni del cosmo, dimenticando che esse sono invenzioni dell’uomo, e, come tali, sono semplici, benché funzionali, strumenti.
Senza adeguata riflessione gli uomini sono indotti ad accettare le categorie come innate partizioni di tutto ciò che ci circonda. In tal modo si tende ad ignorare che ogni categoria è, per sua natura, arbitraria, se non addirittura soggettiva.
Ognuno giustamente troverà più conveniente un criterio di sistemazione molto personale dei volumi nella propria libreria. Il criterio usato sarà certamente il più funzionale per lui, e, quasi altrettanto certamente, diverso da quello che avrebbe usato un’altra persona.
Esisterà sempre almeno un volume di ambigua classificazione che potrà trovare adeguata collocazione in più di una sezione.

Quando ero ricercatore alla Facoltà di Scienze dell’Università di Pisa ricordo che i Dinoflagellati erano un particolare gruppo di esseri unicellulari contesi, e ugualmente studiati, sia dai botanici che dagli zoologi. I primi si basavano sul fatto che i microscopici esseri planctonici svolgevano la fotosintesi clorofilliana, i secondi prendevano per buono il criterio della presenza di flagelli, organuli tipicamente animali usati per il movimento.
Orbene, qualcuno degli affezionati lettori dei miei articoli sa dire con assoluta oggettività se i Dinoflagellati siano “vegetali” o “animali” senza mettere in crisi i criteri classificativi della natura?
Eppure una risposta all’arduo quesito esiste, come esiste una corretta risposta “scientifica” all’indovinello apparentemente insolubile se sia nato prima l’uovo o la gallina (che magari vi svelerò alla fine di questo articolo, se avrete la pazienza di arrivare fino in fondo). L’unica risposta possibile deve necessariamente trascendere l’arbitraria divisione tra animali e vegetali, riconoscendo a queste categorie l’indubbia utilità didattica, ma negando loro una oggettiva realtà ontologica.
Se, per abitudine, o peggio, per pigrizia mentale o superficialità, lasciamo che la nostra mente si illuda che le categorie realmente esistano, rischiamo di avere una percezione della realtà distorta nonché facilmente manipolabile.

Più grave appare infine il tentativo di dividere in categorie assolute ciò che trascende il “particolare” ed è intuitivamente considerato “universale”. La filosofia Scolastica provò a distinguere le cose, ma forse non mettendo in giusto risalto il fatto che mentre la parola “particolare” insiste appunto sulla “partizione”, cioè sulla divisione, l’universale attiene all’Uno, inteso come unico e “indivisibile”. Secondo René Guénon, l’Universale non può essere in nessun caso una categoria.
L’Universo è l’insieme più vasto concepibile, in cui tutto è ovunque e simultaneamente, dove i concetti (categorie?) di spazio e di tempo perdono il loro significato ordinario. La moderna visione olistica della realtà sta aprendo scenari nuovi alle scienze sperimentali e alla ricerca interiore. Secondo Ervin Laszlo, il più autorevole esponente della filosofia dei sistemi e della teoria generale dell’evoluzione, il regno manifesto della materia e il regno virtuale dell’energia infinita coevolvono in un cerchio senza fine…
Le menti ordinarie, con i loro strumenti obsoleti, si perdono tentando di esplorare l’infinito campo “psi” delle infinite possibilità, in cui tutto può influenzare tutto.
Ecco perché è importante comprendere bene la pericolosa diabolicità (da dia-ballein: “gettare in mezzo, “dividere”) dei nomi e delle categorie, delle abitudini di cui non siamo consapevoli e degli schemi mentali, per liberarsi dai limiti che noi stessi ci siamo creati intorno e diventare finalmente ciò che siamo sempre stati senza ricordarlo… e, infine, anche per poter rispondere all’eterna domanda se sia nato prima l’uovo o la gallina.

Risposta
La domanda è fuorviante, perché ambigua nella formulazione e basata su arbitrarie categorie convenzionalmente accettate dalla generalità delle persone. Ma se dobbiamo comunque rispondere basandoci sulle categorie, una risposta possibile è la seguente: “è nato prima l’uovo, poi la gallina, quindi l’uovo di gallina“.

Giovanni Pelosini

(La foto dei libri è di Marina Coretti)



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