I see you (di Lorenzo F.L. Pelosini)

Buongiorno, buonasera o buonanotte, miei cari lettori. Innanzi tutto perdonatemi, ma come forse alcuni di voi avranno intuito dal titolo, anche stavolta parlerò (anche, ma non solo) di Avatar di James Cameron. Ma non temete, non sarò ripetitivo (non troppo), lo userò solo come trampolino per gettarmi in una delle mie orazioni pseudofilosofiche (o filmosofiche).
Già ho espresso il mio parere sui film che si basano sugli effetti speciali come se il cinema non avesse altro da offrire.
Tuttavia, non trovo affatto che Avatar sia un film di questo genere. Una convinzione che ho sempre avuto, ma che solo ora ho maturato, è che in ogni cosa esistano sempre tre livelli (consideratelo, se volete, un rimando alla Trilosofia).
Vogliamo dire una banalità? Nascita, vita e morte: ogni opera drammaturgica, come ogni vicenda umana, ha un inizio, una parte centrale e una fine (un concetto bene espresso anche dall’Oracolo del film Matrix che adesso vado a citarvi).
Inoltre molte opere cinematografiche o letterarie partono da una situazione di equilibrio che poi viene sconvolta e quindi ristabilita.
Ma, ed ecco il punto, la terza fase non coincide esattamente con la prima: l’equilibrio ritrovato ha qualcosa di diverso da quello iniziale, per il semplice fatto che per raggiungerlo siamo stati costretti a passare attraverso qualcosa. Quel qualcosa ci ha cambiato e quindi ha cambiato tutto.
Marty e Doc, protagonisti di Ritorno al futuro, riescono sempre a tornare nel loro presente, ma ogni volta esso risulta diverso a causa degli interventi da loro operati nelle scorribande nel passato.
Una persona che ha visto in faccia la morte, quando tornerà alla vita, la vedrà come non l’ha mai vista.
Non a caso tutti i grandi miti vedono l’eroe, omerico, virgiliano o dantesco, scendere negli Inferi prima di risorgere a nuova vita in una sorta di struttura a V. Ogni evoluzione, prima di puntare all’alto, comporta un viaggio in basso, verso il fondo e il centro di noi stessi.
Torniamo ai film, volete?
Consideriamo l’evoluzione del personaggio di Neo nel primo film della trilogia di Matrix. Come tutti noi, egli parte da una condizione in cui il mondo gli appare solo nella sua componente superficiale. Successivamente, morendo e rinascendo anche più di una volta, il protagonista riesce finalmente ad avere una percezione chiara della realtà. Il suo occhio attraversa la Forma, il Fenomeno, squarcia il velo di Maya e giunge al Noumeno. Conscio della falsità del mondo che ha intorno, il suo potere su quel mondo diventa illimitato.
Questo perché ha smesso di guardare e ha iniziato a vedere.
Non pensare di esserlo, convinciti di esserlo.” Gli dice il suo maestro Morpheus. Per fare questo Neo deve attraversare una fase di buio, una fase di incertezza che sta e starà sempre fra il guardare e il vedere, fra il pensiero e la convinzione.
Avatar, come Matrix, è ipertecnologico e al contempo antitecnologico. Entrambi esprimono l’inquietudine verso le macchine disumane e propongono un ritorno ad una vita che ci ponga in vero contatto con l’essenza delle cose. Ironico, certo, che per farci arrivare il messaggio i registi si siano serviti di tecnologie all’avanguardia, così come è ironico che ci serva la morte per dare senso alla vita.
Ma gli effetti speciali non sono il fine, sono il mezzo. Come tutta l’arte drammaturgica (e forse l’universo stesso), tali effetti sono una bugia creata appositamente per farci giungere alla verità, l’antitesi che ci porta alla sintesi. Se noi ci fermassimo ad ammirarli passivamente, non noteremmo altro che quelli, continueremmo a guardare senza vedere niente.
Invece le fantastiche immagini di Avatar sono solo proiezioni della verità che si nasconde dietro di esse.
Lungo tutto il film, il protagonista si sforza, anche lui attraverso molte morti e rinascite, di imparare a vedere dentro le cose fino a raggiungerne l’essenza.
Nella lingua parlata dagli alieni Na’vi infatti il verbo vedere ha questo significato, tanto che “io ti vedo” diviene un’espressione più forte di “ti amo“.
A questo punto la scelta di noi spettatori è se rimanere tali e guardare uno schermo oppure farci avvolgere dalle immagini, anche grazie al 3D, indossare il nostro avatar ed iniziare a vedere con occhi mai usati prima.

Lorenzo F.L. Pelosini



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