Il Labirinto e la Spirale: Miti, Simboli e Alchimia

Vive da millenni nei miti che sono giunti fino ai nostri giorni l’immagine del labirinto come inestricabile cammino tortuoso e difficile prova iniziatica per l’uomo. In Occidente ancora si narra di Dedalo, geniale architetto ateniese di stirpe reale, che fu talmente geloso del suo apprendista Talo da assassinarlo gettandolo dall’Acropoli. Talo, infatti, avendo osservato con attenzione i denti di un serpente, ne aveva tratto l’ispirazione per inventare con grande successo la sega dentata. Il delitto di Dedalo fu scoperto e punito con l’esilio, e fu così che questo personaggio si trovò a Creta, presso la corte del re Minosse, che subito volle sfruttare il suo ingegno. Qui l’esule ateniese trovò asilo e considerazione per il suo lavoro; sposò una schiava di nome Naucrate ed ebbe un figlio: Icaro. Nel pieno dell’Era del Toro, a Dedalo fu chiesto di costruire una vacca di legno per la regina Pasifae, che vi si nascose dentro per poter amare un toro e generare così il mostruoso Minotauro.

Poi la doppia ascia del labris, antichissimo simbolo minoico, ornò i palazzi e le mura di Cnosso, ed infine il mitico labirinto cretese, dimora del Minotauro e ultima prigione per gli ostaggi di Atene, che, una volta entrati, non avrebbero mai saputo ritrovare l’uscita e sarebbero diventati cibo umano per il mostro con la testa di toro. Dietro richiesta del re Minosse, fu Dedalo l’artefice del Labirinto: un vastissimo intrico di muri con innumerevoli corridoi che confondevano chiunque vi entrasse. Non erano necessari cancelli e guardie all’ingresso, perché comunque nessuno ne sarebbe mai uscito vivo.

Il volo di Dedalo e Icaro

Quando la principessa Arianna chiese aiuto per salvare il giovane ateniese Teseo, condannato all’orribile morte nel labirinto, pare che fosse proprio Dedalo a suggerire ingegnosamente l’idea di portare un gomitolo e di srotolarlo sul cammino, per poter tornare con sicurezza sui propri passi e trovare l’uscita. Fu così che Teseo riuscì a sconfiggere Minotauro ed a salvarsi. Ma, ancora una volta il ruolo di Dedalo fu scoperto, a significare come l’ingegno non sempre si accompagni alla perizia ed alla prudenza nell’utilizzarlo. L’inventore fu quindi condannato ad essere rinchiuso nel labirinto con suo figlio Icaro, affinché morissero di stenti nei meandri, nel vano tentativo di uscirne. Allora Dedalo, quasi un precursore di Leonardo da Vinci, ricorse ancora alla sua inventiva e costruì delle ali meccaniche per sé e per suo figlio: utilizzò le piume degli uccelli e la cera delle api per incollare le ali alle spalle, e verificò che con esse avrebbero potuto entrambi volare ed evitare le spire della mortale prigione.

In sintonia con il mito di Fetonte, il padre consigliò di non volare mai troppo in basso per non cadere o urtare edifici e mura, né troppo in alto, per non avvicinarsi troppo al sole. Ma i giovani, si sa, oggi come allora, raramente possiedono la virtù dell’equilibrio ed amano invece gli eccessi: l’ebbrezza del volo condusse Icaro sempre più in alto nel cielo, finché il calore dei raggi solari fu tale da sciogliere la cera che gli teneva incollate le ali. Il poveretto precipitò così nel mare intorno a Samo trovando la morte. Ancora oggi quel mare si chiama Icario in suo ricordo, ed in memoria del dolore di Dedalo, che vide morire il figlio e che invece si salvò, rifugiandosi a Cuma e quindi in Sicilia.

Il significato del filo di Arianna

Altri miti ci raccontano di come Minosse, desiderando vendicarsi dell’affronto subito, inseguisse Dedalo nascosto in Sicilia ed ebbe conferma della sua presenza sull’isola offrendo una lauta ricompensa a chiunque riuscisse a far passare un filo all’interno delle spire di una conchiglia gasteropode. Cocalo, re di Camico (l’antica Agrigento), risolse il problema grazie alla consulenza di Dedalo, che rivelò in tal modo a Minosse la propria presenza in città. Chi altri avrebbe potuto trovare la soluzione legando il filo all’addome di una formica per poi spingerla a percorrere gli stretti condotti elicoidali della conchiglia?

Un filo aveva guidato Teseo nello spiralico labirinto e sempre un filo aveva seguito la formica nell’elica del mollusco: filamenti che si dipanano a spirale come le mirabili tele del ragno. C’è qui una similitudine simbolica tra le spire elicoidali della conchiglia ed i meandri dei corridoi labirintici che sancisce ancora una volta Dedalo come l’eroe mitico delle spiraliche volute, il signore originale di una struttura che l’uomo in parte ereditò dal ragno che tesse la tela. Non è un caso, infatti, che il nome Arianna ricordi gli Aracnidi, e particolarmente i ragni tessitori che, pur producendo trappole mortali per gli insetti, elaborano spirali abbastanza regolari e non certo complesse e complicate ad arte come nel labirinto dedalico.

Il mistero delle cattedrali gotiche e il significato alchemico del labirinto

Eppure c’è ancora qualche cosa di sacro e di iniziatico nella struttura labirintica, che si ritrova non a caso nei pavimenti di alcune cattedrali gotiche, esempi mirabili di geometrie ed architetture di particolare significato simbolico. Anziché intraprendere il lungo pellegrinaggio verso la Terra Santa, il devoto era invitato a cimentarsi con la sacra geometria del labirinto nelle cattedrali: raggiungere il centro dall’esterno, a Chartres come ad Amiens, equivaleva ad un percorso, anche interiore, di conoscenza mistica. C’era una Gerusalemme fisica e reale in Terra Santa, così come una “Gerusalemme” interiore: luogo altrettanto arduo da raggiungere ed ancora più sacro.

La sapienza più preziosa, forse l’autentico tesoro dei Cavalieri Templari era la Gnosi, e Sophia viveva simbolicamente al centro dei labirinti. Tale tesoro era protetto dalle spire labirintiche e, per questo motivo, l’accesso era riservato ai soli iniziati, coloro che conoscevano le regole rituali di ingresso mistico al centro sacro.

Alchimisti di Oriente ed Occidente hanno utilizzato questo simbolo e lo hanno trasformato di volta in volta in danze e passi rituali, regole di vita ed esempi mistici, consigli ai neofiti smarriti in territori potenzialmente pericolosi e mortali. La Danza di Teseo, le danze corali bretoni, la cosiddetta Danza della gru, l’elicoidale danza sufi dei Dervisci, il mistico cinese Passo di Yü, i giochi dei bambini tra le pietre degli spiralici percorsi dei parchi scandinavi sono tutti esempi concreti derivati dallo stesso concetto emblematico del labirinto.

Il Sentiero della Spirale

Penetrare nel labirinto significava la morte, e saperne uscire era una rinascita.

Così le difficoltà del labirinto rappresentavano anche le prove iniziatiche riservate all’uomo desideroso di conoscenza: un modo per verificare la sua capacità di non smarrirsi durante la ricerca del vero Sè, e di non perdere se stesso neanche dopo aver raggiunto questo primo obiettivo. L’abilità dell’adepto consisteva (e consiste) nel raggiungere il centro del labirinto sfuggendo le insidie e le trappole e poi volare simbolicamente verso il cielo. Ma, come il mito di Icaro e Dedalo insegna, è anche necessario sapere uscire da questo centro interiore e prezioso per ritornare nel mondo, senza volare troppo in basso privi di ambizione e di desiderio di crescita, e senza volare troppo in alto spinti dall’ego sfrenato ed inconsapevole, convinti ormai di essere onnipotenti e superiori alle leggi della Materia.

Le frontiere dello Spirito non sono adatte a tutti i ricercatori, e l’affilata ascia bipenne era un monito a non sottovalutare mai le difficoltà del labirinto e di una esistenza volta a perseguire sempre e comunque la conoscenza. Il dualismo cosmico degli opposti, infatti, domina questo mondo e, mentre fornisce le chiavi della sapienza universale, pone ostacoli ed insidie sul cammino spirituale di chi la persegue. Una spirale può guidare dall’esterno all’interno, verso un centro sacro che può apparire irraggiungibile come la tartaruga di Achille, e parimenti può condurre verso l’infinito spazio esterno in volute sempre più ampie. Quali diverse verità si possano in tali modi perseguire è ancora un inganno per i sensi e le menti confuse dall’apparente complessità della Materia.

Penetrare nel buio del labirinto è come morire; uscirne e rivedere la luce è la vittoria della vita sulla morte: i miti insegnano che pochi eroi ne sono davvero degni, e pochissimi sono quelli che, pur vittoriosi, non hanno poi smarrito se stessi dopo aver trionfato sulle insidie del labirinto.

Giovanni Pelosini





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