La Birra: Origine, Mitologia, Alchimia

Origini della Birra

Fra le bevande più antiche e leggendarie la birra sembra essere forse la più conosciuta e diffusa nel mondo. Non è facile dire dove sia nata la birra, dal momento che ne parlano sia i bassorilievi sumeri, sia le iscrizioni e i papiri egizi, e che addirittura c’è chi rammenta un’antica tradizione azteca di produzione di birra (dal mais) ed una cinese (dal riso). Una tavoletta sumera di 5600 anni fa ci informa sugli usi anche medicinali della birra: “Quando la bevo sto benissimo: l’umore è allegro, il cuore contento e il fegato felice”. Alla felicità si ispirano anche un’antica iscrizione egizia: “Colma di birra è la bocca dell’uomo felice”; e la seguente frase attribuita a Benjamin Franklin: “La birra è la prova che Dio ci ama e vuole che siamo felici”.

La Birra e la Dea dei Cereali

Fin dalle origini è comunque evidente un legame sacrale e mitologico della birra con le Dee delle messi e del grano, fra le più antiche divinità celebrate dalle prime civiltà agricole, dal momento che alla coltivazione di orzo, o altre specie di cereali, dovette necessariamente seguire la sperimentazione della loro fermentazione. Ecco che la birra era sacra a Demetra nell’antica Grecia, e utilizzata in sostituzione del vino in particolari occasioni in cui il suo tasso alcoolico inferiore poteva essere più tollerato, anche se generalmente i Greci, almeno secondo Diodoro Siculo e Eschilo, la consideravano una bevanda barbara di scarsa qualità. Ma già in precedenza in Mesopotamia la birra era prodotta in diverse qualità dai vari artigiani e consumata in occasioni sacre e profane: pare che a Babilonia si conoscessero venti differenti tipi di birra, chiare, scure, più leggere e più corpose, di orzo e di farro. Ma anche in Mesopotamia, in onore alla Dea Madre patrona dell’agricoltura, la birra è sacra a Ishtar, ed è la fonte della salute e della forza di tale divinità. La sacralità della bevanda è testimoniata dall’uso rituale che se ne faceva durante i funerali, e anche dalla severa norma del Codice di Hammurabi, che prevedeva la pena di morte per chi commetteva la frode di aggiungere acqua alla birra, oppure ne vendesse senza autorizzazione. Anche gli Etruschi producevano una birra dalla fermentazione della segale e del farro, talvolta aromatizzandola e dolcificandola con il miele.

La Bevanda Terapeutica e Rituale

Ma gli antichi Egizi erano ancora più specializzati e producevano sistematicamente grandi quantità di birra che attribuivano a un’invenzione di Iside e Osiride: essi la usavano come bevanda rituale nelle cerimonie funebri e con diverse altre finalità, anche medicinali; per esempio gli antropologi della Emory University di Atlanta hanno scoperto indizi che proverebbero che duemila anni fa alcuni nubiani furono curati con la tetraciclina, un antibiotico che fu probabilmente ottenuto dagli streptomiceti durante la fermentazione dei cereali. Forse sarà per questo che ancora oggi in Italia si dice che “Chi beve birra campa cent’anni”, oppure sarà per le virtù curative del luppolo, aggiunto alla birra fin dal Medio Evo. È documentato comunque anche il più tardo utilizzo terapeutico e magico della birra: per esempio l’Imperatore Augusto fu con questa curato da un’insufficienza epatica e la Santa Ildegarda Von Bingen la raccomandava contro la paralisi, la lebbra, la pazzia e il delirio. In altre epoche è stata usata contro i vermi, i calcoli, la febbre, il tremore, le malattie cardiache, il malocchio, le malattie renali, la depressione, l’incontinenza dei bambini.

Il Latte della Terra e la Donna nei Miti della Birra

In Egitto si offrivano frequentemente libagioni e si somministrava birra alle gestanti in modo da favorire il successivo allattamento; e ancora con riferimento al latte materno, i bambini potevano essere svezzati con birra dolcificata e diluita in acqua. Queste usanze richiamano di nuovo l’essenza simbolica della birra, intesa come “latte della terra” e linfa sacra ricca di schiuma: dono della Dea dei cereali.

Narra, infatti, la leggenda che fu proprio una donna a produrre per prima la birra dimenticandosi dei cereali in un contenitore all’aperto dove cadde acqua piovana e dove avvenne una spontanea macerazione e quindi la fermentazione ad opera dei lieviti e del calore solare. Molto probabilmente alcuni millenni fa, agli inizi del Neolitico, l’umanità imparò contemporaneamente a fare il pane e la birra con l’utilizzo degli stessi lieviti.

Anche un’antica saga nordica racconta di un re vichingo che doveva scegliere una moglie fra due donne, e, convinto che la preparazione della birra fosse una funzione importante di ogni madre di famiglia, decise di sposare colei che avesse prodotto la bevanda migliore: la prescelta fu quella che invocò Odino, il quale fece cadere la sua saliva fermentante come lievito nel recipiente della preparazione della bevanda sacra, che in tal modo acquistò il potere di trasmettere conoscenza esoterica. Successivamente la donna che aveva il privilegio di produrre ritualmente la birra, doveva vegliare durante il momento delicato della fermentazione della bevanda così consacrata. Ed è ancora la mitologia nordica a ricordare l’indispensabile aiuto dato a Thor dalla figlia di Tyr per recuperare il recipiente adatto a produrre la birra degli Dei.

Così anche le più antiche leggende della Finlandia narrano di Osmotar, la ragazza che scoprì il segreto della fermentazione con ingredienti e riti chiaramente simbolici di un’unione mistica sessuale. Ed anche i riti di fertilità della Lituania, in uso fino almeno fino al XVI secolo, prevedevano che la ragazza più alta del villaggio, su un solo piede sopra una panca, bevesse e offrisse birra al Dio Waizganthos. Analogamente, così come donne virtuose avevano il potere, l’onere e l’onore di fabbricare la birra, le streghe potevano impedirne la fermentazione.

La Bevanda dell’Eterna Giovinezza e dell’Immortalità

Dal Mediterraneo all’Europa continentale e settentrionale la birra ebbe un grande successo presso le popolazioni celtiche e quindi germaniche e slave, che spesso la elessero a bevanda nazionale. In questo caso la limitazione della coltivazione della vite dovuta al clima dovette favorire la diffusione di bevande alcooliche alternative al vino nei rituali e nei banchetti. Il Dio celtico Cernunno fu il signore della birra, come il fabbro Gaibnu che in Irlanda la serviva ai leggendari Túatha Dé Danann. Preziosi calderoni rituali come quello di Gundestrup (risalente al II secolo a.C., nella foto) si riempivano di birra schiumante nelle celebrazioni sacre delle popolazioni celtiche, che tanto stimavano le proprietà della divina bevanda derivata dall’orzo, dall’acqua e dal fuoco. I Germani invece, racconta Tacito (non senza disprezzo per la bevanda, che considerava una pessima imitazione del vino), non osavano deliberare nelle loro assemblee senza aver prima bevuto abbondantemente birra, per meglio farsi ispirare da Dei e spiriti dei defunti (De Germania).

L’Irlanda, che ha mantenuto molte delle tradizioni celtiche più antiche, è ancora oggi un’isola in cui la birra scorre veramente a fiumi. Qui si narrano ancora leggende sulla mitica terra di Oltremondo, di volta in volta chiamata Avalon, Tir Na Nog, Magh Meall (o Mag Meld, Pianura del Piacere) oppure Anwynn: una terra situata nelle profondità dei laghi o nel sottosuolo, ovvero nell’estremo occidente, oltre il tramonto. Laggiù non esistono né morte né malattie, l’esistenza è lieve e dolce, ed è sempre primavera.

Si racconta anche la storia di Mag Meld, eroe che porta lo stesso nome della terra leggendaria, che avrebbe portato agli antenati degli irlandesi il segreto della fabbricazione della birra ai tempi in cui l’isola era dominata dalla stirpe dei Fomori, potenti e immortali proprio grazie alle virtù della mistica bevanda, fonte della giovinezza. Anche per la perdita di questo segreto, i Fomori furono cacciati dall’isola. L’autorevole testo sui miti celtici di T. W. Rolleston però non menziona tale eroe, che forse è stato confuso con Partholan, leggendario re proveniente proprio dalla oscura terra dell’occidente detta Altro Mondo per combattere i mostruosi Fomori, giganti deformi e violenti che tiranneggiavano l’isola.

La leggenda è confermata dalla tradizione vichinga che vede nella birra una bevanda sacra adatta ai guerrieri, ai quali può donare l’essenza migliore della forza feconda della terra. Il Dio Odino raccomanda di berne per aumentare la forza e il furore in battaglia, ma aggiunge: “…eccellente è la birra, purché dopo riacquisti ciascun uomo il suo senno”. Per ottenere protezione e felicità i guerrieri vichinghi la bevevano in corni con incise le sacre rune della birra (Ölrúnar), convinti che, se qualche nemico vi avesse aggiunto veleno, il corno si sarebbe spezzato.

I Passaggi Alchemici

Basilio Valentino trattò la birra come un prodotto alchemico ottenuto dopo aver osservato la perfezione dei gradi della Natura, al fine di estrarre dai cereali “la più pura forza o essenza e possederla come una bevanda agente”. Attraverso i corretti stadi dell’alchimia, la macerazione dell’orzo (putrefazione), la digestione, la riverberazione o coagulazione, la calcinazione, la cottura e infine la distillazione, si ottiene la birra, a cui Basilio Valentino suggerisce di aggiungere il luppolo come “sale vegetabile” preservatore per proteggere la bevanda e conservarla fino alla nuova putrefazione e alla successiva sublimazione. L’alchimista conclude la descrizione del processo con l’esaltazione (Currus Triomphalis Antimonii): “Con la rifrazione dello spirito della birra avviene l’esaltazione, che consiste in reiterate imposizioni e separazioni ed in manipolazioni speciali in cui si ottiene lo spirito completamente puro e concentrato senza alcun phlegma né acquosità. Così che egli può agire in modo ancor più efficace di prima (…). Esso rende subito ubriachi, è rapido, volatile molto sottile penetrante ed agente”. Evidentemente Basilio Valentino parla in modo allegorico, ma la sua descrizione dello spirito della birra è ancora oggi efficace.

Si facciano dunque libagioni sacre di birra come un tempo, ma non invano e mai in eccesso o brindando in riti di cui si è smarrito il senso. Come ricorda l’antico poema finnico Kalevala: “Cara birra, amata bevanda, non lasciarti bere invano! Induci gli uomini al canto, fa che dispieghino le loro voci d’oro!”.

E allora che sia “felicità e buona salute” l’augurio ai moderati bevitori della sacra birra, e, come lo stesso Homer Simpson, simpatico personaggio mitico odierno, direbbe, alzando l’immancabile lattina di Duff: “Have no fear, have a beer!” (Non avere paura, bevi una birra!).

Giovanni Pelosini



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