Simbologia della Capigliatura

La capigliatura in questo quadro puntinista di Henri-Edmond Cross (La Chevelure, 1892) è l’assoluta protagonista dell’immagine e probabilmente il motivo per cui l’artista sposò in seguito la modella Irma Clare, affascinato dai suoi lunghissimi capelli che qui le coprono interamente il volto uscendo addirittura dalla tela.

I Capelli sono un Simbolo che caratterizza la Persona

Fragili, lunghi, secchi, delicati, raccolti, tinti, intrecciati, lucenti, biondi, castani, rossi, ramati, bianchi, neri, corti, pettinati, finti, trapiantati, curati, spazzolati, grassi, sciolti, annodati, raccolti, con forfora, con le doppie punte, folti, radi, fini, alla moda, rasta, belli, brutti, rasati, ricci, lisci, ondulati… e potrei continuare a lungo a elencare i mille e mille modi in cui i capelli si caratterizzano e ci caratterizzano personalmente.

La capigliatura talvolta è intesa e interpretata come un problema psicologico proprio in quanto simbolicamente e fortemente caratterizzante la persona, con le sue emozioni e i suoi ideali, specialmente nel periodo autunnale o in quello primaverile, nei quali la fisiologica caduta dei capelli si accentua e può superare quella normale quotidiana di 40-120 unità. Ciò dipende ovviamente anche da fattori genetici o patologici legati spesso allo stress, alla cattiva alimentazione, alla variabilità del tasso di vari ormoni nel sangue, all’età. In ogni caso la maggior parte delle persone fa molta attenzione ai propri capelli, spesso in modo decisamente superiore ad altri aspetti esteriori o estetici; le donne in particolare hanno cura del loro aspetto e dell’acconciatura, ma anche molti uomini non sono da meno, con la differenza significativa che questi possono variare anche con barbe e baffi.

Aspetti Antropologici delle Acconciature

Non intendo analizzare in questa sede la storia delle acconciature, ma è importante ricordare come il modo di portare i capelli, ovvero talvolta le parrucche, sia da sempre non soltanto un aspetto della personalità, ma anche spesso un elemento culturale che contribuisce a determinare nei vari casi il sesso, l’etnia, lo status o il gruppo sociale, la casta o la funzione, e talvolta persino lo stato d’animo. Si pensi all’uso di portare i capelli lunghi in certe culture considerato come un privilegio, ai capelli cortissimi dei militari, ai parrucchini europei del XVIII secolo e a quelli ancora usati dai magistrati britannici, alla moda dei famosi “capelloni” degli anni ’60 dello scorso secolo e alle pittoresche e vistose capigliature più recenti e ad altri innumerevoli altri casi in cui i capelli sono stati e sono un segno di appartenenza, di carattere, di diversità e talvolta di unicità. I capelli come aspetto più immediatamente evidente della persona sono quindi un interessante argomento antropologico, sociale e simbologico che affonda le sue radici nella preistoria e trova nelle mitologie di ogni parte del mondo motivi di confronto e di studio.

Grande valore assumeva fra gli indiani dell’America del nord la particolare usanza di togliere lo scalpo ai nemici uccisi, segno di coraggio e di forza, e prova tangibile dell’uccisione dell’avversario. Tra gli stessi nativi americani l’acconciatura era carattere distintivo delle tribù, così come le piume d’aquila che la adornavano.

Tagliare e quindi conservare una ciocca di capelli può avere un senso particolare, come se si potesse tenere in questo modo una parte significativa della persona, quasi la sua quintessenza. Per lo stesso motivo si conservano e si venerano le reliquie dei santi, si mettono da parte i dentini di latte dei bambini, si fanno rituali magici o stregoneschi con le unghie o gli stessi capelli. In tutto ciò è sicuramente importante il fatto che tali parti del corpo si conservano a lungo dopo la morte, come se in particolare nei capelli rimanesse l’essenza della persona anche quando questa non c’è più.

I Capelli e il Mito della Forza

Ma la capigliatura in particolare esprime simbolicamente la forza individuale, così come il leone maschio, con la sua criniera, impone la sua presenza agli altri animali ed esprime la sua potenza e la sua emblematica regalità. Il mito biblico di Sansone narra di un eroe di grande virtù, combattente valoroso e coraggioso nelle guerre contro i Filistei, che aveva fatto dei suoi lunghissimi capelli mai tagliati il simbolo della sua stessa forza. Ovviamente non è un caso che Sansone abbia affrontato e sconfitto un feroce leone, così come aveva fatto Eracle a Nemea: il leone è un animale totemico di chiunque persegua la forza, il coraggio e la potenza. I Tarocchi Aurei e i Tarocchi della Spirale Mistica ricordano sia Eracle sia Sansone in lotta con un leone nell’XI Arcano Maggiore, e in entrambi i casi c’è una forte analogia anche con il segno zodiacale del Leone. Non è un caso nemmeno che a chiome particolarmente evidenti (o, al contrario, a teste altrettanto vistosamente prive di capelli) corrispondano significative situazioni astrologiche relative al segno del Leone, e spesso al suo dialetticamente opposto segno dell’Acquario.

Eracle, dopo aver ucciso il leone, si veste della sua pelliccia invulnerabile, e quindi indossa anche la sua criniera diventando per questo il più forte tra gli eroi. Sansone si fa convincere dalla moglie Dalila a svelare il segreto della sua mitica forza che consiste nel fatto di non aver mai tagliato le sette trecce della propria chioma, e proprio dalla donna viene tradito e fatto rasare durante il sonno, svegliandosi poi totalmente privo di energia e in balia dei nemici (Giudici XVI, 17-19):

Non è mai passato rasoio sulla mia testa, perché sono un nazireo di Dio dal seno di mia madre; se fossi rasato, la mia forza si ritirerebbe da me, diventerei debole e sarei come un uomo qualunque”.

Il mito di Sansone voleva celebrare uno dei tabù rituali della setta dei Nazirei, che, come molti asceti dell’India fanno ancora oggi, si facevano crescere i capelli per tutta la vita come voto religioso di consacrazione secondo la legge che il Signore diede a Mosè (Numeri, VI, 5):

Per tutto il tempo del suo voto di nazireato il rasoio non passerà sul suo capo; finché non siano compiuti i giorni per i quali si è consacrato al Signore, sarà santo; si lascerà crescere la capigliatura”.

Entrambi gli eroi, Eracle della mitologia greca e il biblico Sansone, anche se in modo diverso, consideravano la chioma la parte più simbolicamente (e non solo) significativa della propria forza individuale.

Il Taglio Rituale dei Capelli

Probabilmente l’usanza di tagliare i capelli ai prigionieri, agli schiavi, e anche alle reclute, fra le altre motivazioni anche igieniche, possiede il significato simbolico di umiliare e sottomettere. Con lo stesso scopo sono stati tagliati i capelli alle donne, per esempio in segno di spregio alle collaborazioniste con il regime fascista durante la guerra civile in Italia (1943-1945), così come alle detenute nei campi di concentramento nazisti, intendendo in questo modo anche togliere loro il simbolo di espressione della personalità, la stessa individualità, nonché la principale arma di potere seduttivo. In molte culture e in diverse epoche, infatti, i capelli femminili hanno assunto socialmente significati particolari a seconda che fossero sciolti oppure legati, intrecciati, lunghi o addirittura nascosti, come la nostra stessa tradizione impone nei luoghi sacri.

I Capelli dele Donne e delle Dee

Da sempre le donne usano la loro capigliatura come strumento di seduzione e i miti antichi lo dimostrano: di Afrodite-Venere si narrava che avesse una chioma bellissima, la quale diede poi il nome alla pianta ornamentale frequente preso i fontanili chiamata capelvenere; mentre la dea egizia Hator era detta “Colei che porta splendidi capelli”. Callimaco racconta che proprio ad Afrodite offrì solennemente in sacrificio la bella e lunga chioma la regina d’Egitto Berenice, in cambio del ritorno del marito Tolomeo dalla guerra in Siria. Chioma in qualche modo divinizzata se la ritroviamo ancor oggi come costellazione (Coma Berenices), non a caso presso la costellazione del Leone.

E certamente a qualche Dea dovette ispirarsi Francesco Petrarca cantando di Laura, giocando enigmaticamente con il nome dell’amata alla maniera dei Fedeli d’Amore (Laura – l’Aura), celebrando uno “spirto celeste, un vivo sole”, una “angelica forma” che si muoveva come un’immortale, e considerando massimamente espressivi nella fanciulla ideale sia i capelli lucenti e liberamente sciolti sia la luce degli occhi (Canzoniere, Rerum vulgarium fragmenta, XC, 1-5):

Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
che ’n mille dolci nodi gli avvolgea,
e ’l vago lume oltre misura ardea
di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi…

La capigliatura viene così ostentata in vario modo fin dall’antichità da donne e da uomini con forti valenze sociologiche e conseguentemente psicologiche, in quanto naturale ornamento della testa e del volto, quindi bene in vista, complemento espressivo della persona e della personalità, degli ideali come della creatività, ancor più di un abito perché parte del corpo, ma come un abito variabile in forme e colori, e che si può esibire, nascondere, cambiare o camuffare come un qualunque accessorio. La variabilità della capigliatura è la costante che differenzia l’acconciatura dei capelli dai tatuaggi sulla pelle, che sono invece indelebili e rappresentano una più radicale forma di esibizione simbolica.

Da Bob Marley ai Calvi

E così, ancora oggi individui e gruppi sociali esibiscono le più diverse chiome, dalle più usuali alle più stravaganti e impegnative. Per esempio i rastafariani mostrano trecce lunghe e dure e sono molti quelli che si acconciano in questo modo anche per seguire l’invito di Bob Marley: “Conservate la vostra cultura, non abbiate paura dell’avvoltoio, fatevi crescere i riccioli!”. Ma allo stesso tempo è di moda anche rasarsi completamente il cranio, che è un altro modo per mettere comunque in evidenza la testa e il volto, quindi la persona nella sua unicità individuale. In altri termini una folta capigliatura è antropologicamente, psicologicamente, socialmente e simbolicamente altrettanto significativa di una testa rasata. Il fatto che io stesso ne scriva pubblicamente potrebbe esserne una autoironica conferma.

Giovanni Pelosini



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