Il galoppante cavallo di Chàvez

Il presidente venezuelano Hugo Chàvez non finisce di stupire per le radicali trasformazioni politiche imposte al Paese sudamericano. Dopo aver cambiato il nome e la carta costituzionale del Venezuela, nazionalizzato le industrie petrolifere, fatto riforme rivoluzionarie e lanciato la difficile sfida per rendere unito ed economicamente indipendente l’intero continente sudamericano, Chàvez ha deciso di cambiare i simboli della sua nazione, consapevole della loro grande forza anche ideologica.
Se, come dicevano gli antichi saggi, nel nome c’è il destino, a maggior ragione nel simbolo può essere racchiusa, in senso “psicomagico”, la fortuna dell’intero popolo che vi si riconosce.

Nello stemma del Venezuela c’era un grazioso cavallino bianco, che, chissà per quale motivo, Chàvez ha sempre considerato un simbolo imperialista. In realtà, il simpatico animale araldico non era “rampante” e non mostrava niente di aggressivo, se non una giovanile esuberanza, con il corpo proteso verso destra e la testa rivolta indietro, come a manifestare un attimo di incertezza nel passo deciso.
Ecco che, durante la Giornata della Bandiera del 2006, il Presidente ha dichiarato che il cavallino bianco dello stemma avrebbe cambiato andatura e direzione, galoppando veloce verso sinistra, rappresentando così la “nazione libera”.
In base alla simbologia esoterica, a mio parere, Chàvez ha dimostrato così la sua natura spavalda ed avventurosa. I simboli sono estremamente importanti e non devono essere usati alla leggera; il cavallo, emblema di nobiltà, intelligenza, vitalità e forza, è anche la rappresentazione dell’inconscio che, scalpitando, chiede udienza ed integrazione alla mente razionale. Se il cavallo è simbolo di un popolo, esso ne rappresenta la profonda forza vitale e, in fondo, le credenze e le aspettative.
Si pensi soltanto, per esempio, alle tradizionali raffigurazioni pittoriche della crocifissione, in cui i cavalli dei soldati romani, rivolgono generalmente la testa dalla parte opposta a Gesù, manifestando così la miscredenza dei cavalieri.
Forse in questo senso la scelta di modificare la grafica dello stemma ha un senso profondo, nell’ambito di una nuova prospettiva politica della nazione, ma è tarologicamente discutibile, in quanto assai delicata, l’idea di far galoppare il cavallo verso sinistra. Nei Tarocchi, infatti, esiste una sequenzialità delle carte ed una logica simbolica che codifica per un percorso evolutivo che, negli Arcani archetipici, va da sinistra verso destra, oltre alla dicotomia presente nelle figure ed indicante chiaramente un lato sinistro, passivo e ricettivo, ed uno destro, attivo e propulsivo.
Gli stessi quattro Cavalieri dei Tarocchi di Marsiglia si dividono equamente: due sono rivolti verso sinistra e due verso destra, in un equilibrio dinamico che sottintende la delicatezza del compito di dominare gli istinti e le passioni, così come gli eccessi dell’intelletto e della fredda ragione.
Secondo questa ottica esoterica, un galoppo sfrenato verso sinistra rappresenta un eccesso idealistico, proprio di un uomo che intende “guarire” il mondo riformandolo: un uomo forse molto sensibile e ricettivo, ma che appare privo di dubbi e poco diplomatico, anche quando cita in televisione le parole di Don Chisciotte: “Se i cani ci abbaiano dietro, vuol dire che stiamo galoppando“.

Nel nuovo stemma ci figurano 24 spighe al posto di 20 e le vecchie 7 stelle diventeranno 8, con un chiaro omaggio all’eroe nazionale Simòn Bolìvar, che nel 1811 aveva incluso l’ottavo stato della Guyana agli originari stati fondatori del Paese. Inoltre, in onore agli indios nativi, saranno aggiunti un kaiak, un machete, arco e frecce.
Chàvez, forte delle risorse petrolifere del Venezuela, ha fatto una scelta avventurosa, come il suo impetuoso cavallo, molto radicale ed idealista, sicuramente coraggiosa, certamente non priva di rischi, come le armi raffigurate ed i numerosi nemici che si è creato lasciano intendere. Il galoppo del suo cavallo ci parla dell’ultimo rivoluzionario dell’America Latina, disinibito e narcisista, estremista artefice di un terremoto istituzionale con sviluppi internazionali attualmente poco prevedibili in un’area dalle enormi potenzialità economiche.
Il Venezuela ha a disposizione alcuni anni per adeguarsi alla nuova versione dello stemma nazionale: entro i primi mesi del 2011 sapremo se il galoppante e passionale idealismo del suo Presidente avrà ottenuto lo scopo di migliorare le condizioni di vita del suo popolo o lo avrà solo trascinato in una romantica quanto illusoria carica di cavalleria.

Giovanni Pelosini



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