Il vino, sangue della Madre Terra

Una novella del XIV secolo ci racconta l’origine mitologica del vino: come nella tradizione biblica, Noè fu il primo ad ottenere questa bevanda dalla fermentazione del frutto della vite, ma non ne era soddisfatto, in quanto il sapore era aspro e poco gradevole. Per migliorarlo bagnò allora le radici della vite selvatica con il sangue di quattro animali: un agnello, un leone, un maiale e una scimmia.

Il vino risultò più dolce, ma portò con sé anche effetti collaterali sui consumatori, che, a seconda dei casi, cominciarono a mostrare vergogna (agnello), irascibilità (leone), sciocca allegria (scimmia) o, peggio ancora, alcune disgustose caratteristiche attribuite al maiale.Gli animali simbolici trovano una spiegazione anche nel vecchio detto contadino toscano che mi rammentava sempre mio nonno Tosello (1904-2005), secondo il quale “chi non beve vino è un agnello, chi ne beve è un leone e chi ne beve troppo è un maiale“, lasciando ipotizzare gli effetti diversi della bevanda sugli uomini in base alla quantità e secondo l’immaginario collettivo popolare relativo agli animali in questione.
Secondo tale tradizione, una giusta quantità di vino dona calore, energia e forza, tonifica il cuore con le virtù simboliche del leone, decisamente opposte a quelle del pavido agnello, debole e passivo: una semplicistica spiegazione in chiave narrativa della povera dieta delle famiglie contadine fino alla prima metà del secolo scorso, opportunamente integrata dalle calorie di questa bevanda alcolica. Contemporaneamente il motto mette in guardia dagli inevitabili effetti dell’ebbrezza, condannati per analogia simbolica come disdicevoli attitudini attribuite agli animali.

La novella medievale è uno dei numerosi accostamenti simbolici fra il vino ed il sangue, inteso anche come essenza spirituale e vero e proprio liquido vitale. Il sangue, infatti, così come il vino, è un’evidente mistura degli Elementi Acqua e Fuoco, ed è il fluido analogicamente più vicino alla presenza stessa della Vita, ovvero dell’Anima, nel corpo.

Di ciò si trovano le radici negli antichi riti sacrificali in cui il sangue degli animali offerti veniva sparso al suolo, reso così fertile dalla benevolenza degli Dei ancestrali o degli antenati defunti, che poi, nel tempo, si accontentarono di libagioni di vino rosso, versato a terra in loro onore.

Vino rosso fa buon sangue“, si diceva un tempo, elogiando intuitivamente le virtù dei suoi pigmenti che solo di recente la ricerca scientifica sta rivalutando come agenti antiossidanti di sicura efficacia.

Il colore sanguigno del vino è stato sempre il principale motivo di tale accostamento simbolico, che ha visto il suo apice spirituale nell’episodio dell’ultima cena di Gesù, origine del sacramento cristiano.
Il potere sacro del vino è quindi straordinario; ed è anche per questo motivo che il suo abuso può rendere negativa tale forza.
L’energia vitale del nettare della Terra possiede le caratteristiche del Fuoco (solare ovvero tellurico) e l’aspetto liquido dell’Acqua: il suo segreto è negli effetti sottili sulle componenti dell’Elemento Aria.
Il potere di-vino si trasmette all’Acqua tramite il Fuoco, come dimostra il noto esempio evangelico delle nozze di Cana, dopo di che la bevanda diviene mistica fonte di energia che può sostenere, fisicamente e spiritualmente, chi la consuma.

L’immaginario collettivo medievale si impossessò di questi simboli mistici anche grazie alla somiglianza delle parole “vite” e “vita“. Nacquero così feconde allegorie in cui Cristo-Sole-Vita era rappresentato dalla pianta della vite-Croce, gli Apostoli-figli erano i viticci, l’Arcangelo Gabriele-Giudizio Universale era il vendemmiatore, i chicchi d’uva erano i fedeli, il vino-spirito-essenza l’Anima immortale.

Così la bevanda che già allietava i nostri antenati del Neolitico, probabili casuali scopritori della fermentazione naturale, e che fu prodotta con successo nell’antico Egitto, è giunta fino alla nostra epoca con un grande bagaglio mitologico e simbolico: dalle più antiche evidenze archeologiche conosciute della Turchia orientale e delle rive del Mar Caspio fino alle moderne coltivazioni di raffinati vitigni diffuse in ogni continente.

Giovanni Pelosini

(pubblicato in «AstroMagazine», ottobre 2006)



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