Il segno di Axum
Nel cuore dell’Africa c’è un luogo sacro che si dice custodisca l’Arca dell’Alleanza perduta d’Israele, così come un tempo si diceva fosse la fonte delle ricchezze della Regina di Saba.
Oro, argento, avorio, pelli esotiche e conoscenze arcane viaggiavano in lunghe carovane dall’Etiopia settentrionale verso il Mar Rosso e verso il porto di Alessandria, insieme alle spezie d’oriente: il regno di Axum.
Un regno antico e mitico che sembra aver ormai perso tutte le sue antiche ricchezze con la memoria del suo passato glorioso: migliaia di anni di storia in gran parte dimenticata fra le rovine di templi e palazzi un tempo sontuosi, fra le steli abbattute e spezzate, fra le attuali miserie di una terra dove gli uomini e la natura sono induriti ed assetati.
Chissà se davvero la Regina di Saba visse fra queste pietre rovinate? Se davvero tornò nei suoi palazzi dopo aver incontrato re Salomone a Gerusalemme, e se davvero ebbe da lui un figlio?
Le nostre conoscenze sono frammentarie e le tracce remote delle ricchezze e del viaggio della Regina di Saba si confondono con quelle del suo mitico figlio e dell’Arca dell’Alleanza che forse costui portò in Africa, sottraendola al padre ed al futuro saccheggio del Tempio di Salomone: un sottile filo di energia unisce Axum e Gerusalemme come due località sacre ed antiche e gli atavici riti di matrice ebraico-cristiana che ancora si svolgono in Etiopia sono i testimoni di questo legame mistico.
Sorgevano in Axum antiche steli di granito grigio, vette di pietra tese verso il cielo, giganteschi lingam che parevano eterni come l’orgoglio di chi li aveva eretti.
I simboli fallici manifestavano l’oscuro e sacro potere della Grande Dea, giammai del maschio umano, che, senza di Lei, non aveva scopo né capacità fisica di fecondare.
Come i preistorici Menhir che costellano il vecchio continente dalle Isole Britanniche all’India, attraverso le culle delle più antiche civiltà conosciute, così gli obelischi africani svettavano numerosi, ornati di rilievi e squadrati ad imitazione di templi e di abitazioni: dimore di Dei dimenticati e dei loro simboli.
Le colline di Axum furono ornate di queste foreste di alberi di granito e di boschi sacri, finché il tempo, le guerre, la povertà e l’ignoranza degli uomini le ridussero a polverose pietraie, miseri resti di antichi splendori.
Una grande stele ancora integra fu tagliata in tre pezzi e portata a Roma nel 1937, per celebrare le glorie di un effimero impero. Ridotta ad oggetto profano, fu adattata a spartitraffico per qualche decennio, prima di essere nuovamente spostata e restituita alla sua antica terra.
Strano destino di un simbolo arcaico che torna ad essere il segno di un luogo sacro e di un potere mistico che pochi comprendono nella sua profonda e divina essenza.
Giovanni Pelosini