Astrologia di Mercurio: Significati, Simboli, Mito, Oroscopo di Jacques Mayol

Mercurio, il Gioco Divino del Piccolo Grande Comunicatore

Conferenza di Giovanni Pelosini

II CONGRESSO DI ASTROLOGIA UMANISTICA

Eridano School

Castagneto Carducci

23-25 ottobre 2009

SOMMARIO

1. Il gioco divino di Mercurio
2. Il delfino biologico
3. Il delfino mitologico
4. Il delfino astrologico
5.
Homo delphinus

1) IL GIOCO DIVINO DI MERCURIO

Quando il gioco si fa duro,
i duri cominciano a giocare.

John Belushi

Appena nato sul monte Cillene, sua madre Maia lo depose in una culla; ma non ebbe neanche il tempo di voltarsi che il piccolo Ermes (il Mercurio dei romani) si era già rapidamente trasformato in un ragazzino, ed un attimo dopo era in giro per la Grecia a combinare guai.
Arrivato nella Pieria, trovò la mandria delle magnifiche vacche di Apollo, e pensò di rubarle, non certo per arricchirsi, né per il gusto di provocare danni, ma soprattutto per giocare, per dare sfogo al suo divino ingegno. Così, durante la notte, legò delle cortecce agli zoccoli delle vacche per confonderne le tracce, e portò via l’intera mandria, nascondendola in una grotta presso Pilo.
Al mattino Apollo cercò gli animali senza successo e, solo dopo alcuni giorni fu informato di un certo prodigioso ragazzino che suonava magnificamente un guscio di tartaruga con interiora di vacca come corde.
Quando Apollo arrivò al monte Cillene, riconobbe due pelli dei suoi animali stese ad essiccare, ma trovò il fanciullo steso innocentemente nella culla che fingeva di dormire, con la madre che in buona fede lo difendeva dall’accusa di furto.
Ci volle l’intervento dello stesso Zeus per far confessare il discolo, che infine accettò di condurre Apollo al nascondiglio.
«Ho ucciso soltanto due vacche,» disse con aria innocente mentre si recavano alla grotta, «ma ne ho diviso le carni in dodici parti in onore ai dodici Dei dell’Olimpo.»
«Ah, sì? E chi sarebbe il dodicesimo Dio?» chiese Apollo sorpreso.
«Presente,» alzò la mano il ragazzino, «ma ho mangiato solo la mia dodicesima parte. Le altre undici le ho bruciate sull’ara sacra.» Fu così che iniziò la tradizione dei sacrifici cruenti.
Quindi Ermes restituì la vacche e si mise a suonare la lira di tartaruga di sua invenzione cantando la generosità, l’intelligenza e le doti di Apollo; costringendolo così a perdonarlo.
Non solo, Apollo, colpito dalla bellezza dei suoni, chiese ed ottenne il meraviglioso strumento in cambio della mandria.
Pensate che sia finita così? No, la “simpatica canaglia” doveva ancora esprimere la sua creatività e il suo estro musicale: prese una canna cava e inventò lo zufolo, che suonò deliziosamente radunando le greggi sparse.
Ancora una volta Apollo ne fu estasiato e desiderò di possedere il nuovo strumento musicale. La trattativa fu di nuovo favorevole al giovane Ermete, che ottenne in cambio il magico Caduceo, dicendo: «Grazie, però il mio zufolo vale molto di più e ti permetterà di essere il Dio delle greggi e dei pastori. Devi darmi anche il potere di divinare!»
Anche Zeus fu divertito dagli scherzi di Ermes, che considerò subito ingegnoso, eloquente e persuasivo, invitandolo però a limitarsi nei furti e nelle bugie.
Fu così che il Dio ragazzino fece una rapida carriera nei miti con elementi di arcaica origine preolimpica: diventò l’araldo di Zeus con i rapidissimi calzari alati, e poi anche quello di Ade, facilitando la morte degli umani con parole gentili e chiudendo loro gli occhi; poi insegnò agli Dei ad accendere il fuoco sfregando un bastoncino in una fessura (una sorta di magia fallica), inventò il gioco divinatorio degli astragali (successivamente dadi divinatori), aiutò le Moire a comporre l’alfabeto, cominciò a studiare l’astronomia, inventò la scala musicale, il pugilato, la ginnastica, la bilancia (all’occasione rubacchiando un po’), le misure di capacità, la coltivazione dell’olivo.

Riassumiamo schematicamente, traendole dalle numerose informazioni dei miti di Ermes-Mercurio, alcune caratteristiche particolari, che, come vedremo, trovano anche ampia conferma nella tradizione astrologica:
• la precocità,
• l’adolescenza,
• la rapidità di pensiero e di azione,
• l’intelletto e l’efficienza,
• l’ingegno e l’inventiva, l’abilità, l’attenzione ai dettagli,
• l’astuzia,
• la capacità di dividere in piccole parti,
• la capacità di ingannare, di fingere, di recitare,
• la capacità di essere simpatici, la socievolezza,
• la capacità dialettica e persuasiva,
• l’abilità commerciale e il furto,
• la velocità e l’agilità nel rapido spostamento,
• la curiosità,
• la capacità di comunicare, di trasmettere e ricevere messaggi,
• la capacità di apprendere rapidamente,
• la capacità di contrattare arrivando ad un accordo,
• il talento musicale ed il potere sul suono tramite il ritmo, il fine udito,
• il gusto del divertimento, il senso dell’umorismo,
• il gusto dello scherzo e della beffa,
• il gusto del gioco.

Mi vorrei soffermare su questa ultima qualità: il gusto del gioco.
Ritengo che il gioco, quando è fine a se stesso, sia per gli esseri umani un’attività assolutamente sublime che li avvicina all’ideale condizione divina. Il gioco di società, in particolare, rappresenta uno stile cognitivo di enorme valenza comunicativa e culturale. Nessuna altra attività è in grado di liberare la mente dai condizionamenti come il dedicarsi a qualcosa di impegnativo e divertente che non abbia lo scopo di ottenere alcun vantaggio pratico, economico o di altro genere.
In tal caso il gioco è un’attività realmente divina: si può giocare per la sola soddisfazione di farlo, e, se si mantiene il giusto distacco dall’ego, in perfetto spirito olimpico, ci si impegnerà per vincere, ma si otterranno i medesimi risultati positivi sia in caso di vittoria che in caso di sconfitta.
Ermes-Mercurio ci insegna così, quella che ho chiamato “l’apparente futilità dell’essenza“: un modello ossimorico di “leggera pesantezza” che rappresenta un paradigma di esistenza alternativa capace di muovere l’Anima in diversi piani di esperienza.
A tale proposito ricordo con simpatia l’entusiasmo che suscitò nel famigerato gruppo ΔΤΧ l’assurda affermazione di John Belushi nei panni dello studente Blutarsky (Bluto per gli amici), archetipo “negativo” di discente dai disastrosi risultati scolastici, in un noto film cult: ‹‹Facciamo qualcosa di profondamente stupido e di completamente inutile!››.
È possibile che Mercurio ci faccia scoprire un aspetto della spiritualità tramite la risata sciocca e leggiadra?
Si può concepire il sublime attraverso un inutile gioco? Si può comprendere l’importanza della vera essenza della Vita imparando quanto essa possa essere futile?
Il “gioco divino” stimola l’emozione, dall’emozione nascono i sogni, le idee, la creatività…
Ecco perché, in questa particolare accezione simbologica, ritengo fondamentale l’alleanza Mercurio-Nettuno, in un mix di intelletto e fantasia, vivacità e spirito di avventura.
Tale binomio planetario, che si ritrova nella dialettica dei domicili sugli assi Gemelli-Sagittario e Vergine-Pesci, quindi sulla croce dei segni mobili, si incarna perfettamente in uno straordinario mammifero marino che analizzeremo da vari punti di vista.

2) IL DELFINO BIOLOGICO

I delfini mostrano in genere un notevole grado di
intelligenza, che gli studi più recenti, connessi in particolare
con l’esame dei loro suoni e del loro «linguaggio»,
tendono sempre più a mettere in evidenza.

Enciclopedia Italiana delle Scienze, Gli animali vertebrati

La famiglia dei Delfinidi comprende diciotto generi e quarantasei specie diverse di Cetacei Odontoceti. Sono tutti mammiferi acquatici, lunghi generalmente un paio di metri, di abitudini carnivore. Essi discendono da quadrupedi terrestri ritornati alla vita acquatica circa sessanta milioni di anni fa.
L’encefalo di un delfino è anatomicamente molto simile a quello umano; in proporzione al peso del corpo, è molto maggiore di quello di ogni altro mammifero, eccetto l’uomo: il cervello di un tursiope rappresenta circa l’1,2% del peso corporeo, contro lo 0,7% dello scimpanzè. La sua capacità di apprendimento è straordinaria, forse superiore a quella di qualunque altro animale.
Vista e olfatto non sono sensi molto sviluppati; in compenso il delfino dispone di un vero e proprio sonar per localizzare prede ed ostacoli: possiede un complesso sistema di ecolocalizzazione e di udito che gli permette di percepire suoni ed ultrasuoni oltre 80.000 cicli al secondo, forse fino a 200.000.
Il piccolo delfino viene allattato a lungo ed addestrato a riempire i polmoni in superficie per poi compiere lunghe apnee.
È un agile e veloce nuotatore capace di prolungate immersioni in apnea anche in profondità. Si nutre di pesci che cattura a grande velocità, nuotando a bocca aperta. Animale gregario che vive in gruppi anche numerosi, da sempre gradisce la compagnia degli uomini accompagnandoli a fianco delle prue con salti e giochi acrobatici. Sa anche articolare suoni simili alla voce umana e il suo aspetto ci è gradevole, forse anche a causa di quello che sembra un perenne sorriso, oltre che al suo effettivo e provato senso dell’umorismo.
I miti di tutto il mondo, ma non solo i miti, ci raccontano innumerevoli storie di delfini che giocano con i bambini, frequentano le spiagge, si lasciano cavalcare, aiutano i marinai fra gli scogli insidiosi, salvano la vita ai naufraghi, collaborano con i pescatori. In nessun caso tale amichevole comportamento sembra sia stato motivato da niente di diverso dal semplice desiderio dei delfini di socializzare con la nostra specie.
Per questo motivo nel secolo scorso i delfini hanno anche accettato di collaborare con i militari per operazioni sottomarine di intelligence.
Plinio il Vecchio spiegava questo comportamento così inusuale per un animale selvatico scrivendo che i delfini “non avevano mai dimenticato di essere stati essi stessi degli uomini“.
L’etologia moderna riconosce la grande qualità dell’intelligenza di questo animale, considerata addirittura simile a quella umana.

3) IL DELFINO MITOLOGICO

Delfini sono chiamati quei pesci che hanno l’ abitudine di seguire la voce umana,
o anche la musica, raccolti in gruppi. Niente vi è in mare più veloce dei delfini.
Oltrepassano le navi con grandi salti, ed è tradizione comune ritenere nunzi di tempesta
i delfini che giocano tra i flutti e si oppongono alla potenza delle onde con grandi balzi.

Bestiario di Cambridge, XII secolo

Che un delfino attraversi il nostro sentiero è un avvenimento “magico” e fortemente simbolico: poco importa che l’incontro avvenga realmente sul mare, sul piano fisico, ovvero che un sogno ci faccia vivere questa esperienza sul piano astrale; ed è anche significativo imbattersi, magari ripetutamente, in immagini o racconti di delfini.
In ogni caso avremo incontrato prima di tutto un archetipo, avremo ricevuto un messaggio dell’Anima, una scheggia di quel fantastico mondo dimenticato in cui ancora si parla il linguaggio universale dei simboli.
Pur appartenendo alle più diverse mitologie del pianeta, l’ancora popolare immagine iconografica del delfino come simpatico amico degli uomini si è particolarmente strutturata nel mediterraneo orientale in epoca minoica e arcaica.
Ecco allora il brioso delfino saltare fuori dall’acqua a ricordare come il gioco sia un’attività sacra, non così distante come appare dall’arte divinatoria. Narrano, infatti, gli antichi miti mediterranei che Apollo scelse di apparire sotto le sembianze di un delfino per nominare i sacerdoti del tempio oracolare che, non a caso, si chiamò di Delfi.
Animale solare quindi, spesso chiamato “re” delle creature del mare così come il leone lo è di quelle terrestri. La corrispondenza simbolica con il Dio del Sole è confermata anche dagli Inni Omerici, che raccontano di come Dioniso, in forma di feroce leone, trasformi una ciurma di ostili pirati in amichevoli delfini.
Anche Poseidone era uso trasformarsi in delfino e tale animale non mancava quasi mai nell’iconografia del Dio del mare, al pari del tridente.
Ne ricaviamo un’immagine simbolica complessa, sia nettuniana sia solare, mistica ed amichevole nello stesso tempo, fortemente legata alla dialettica Apollo-Dioniso.
Ma i delfini accompagnarono trionfalmente a Cipro la dea Afrodite, sorta dalla spuma delle acque, e da allora furono anche simbolo d’amore, spesso in compagnia di Eros, ma anche emblema dell’incondizionato amore per i figli, dell’amore coniugale, dell’affetto per gli amici ed i compagni.
Un affetto e un amore che spesso questi animali provano anche per gli umani, per i marinai e i naufraghi in difficoltà, ma soprattutto per i bambini, se vogliamo prestare fede agli innumerevoli racconti, antichi e moderni, che parlano di salvataggi e di fraterna amicizia tra giovani e delfini.
Secondo Erodoto, il musico Arione divenne amico dei delfini grazie alla musica apollinea della lira ed al suo canto, e fu da loro salvato quando i pirati lo volevano annegare per derubarlo: per ricordare questo episodio la lira di Arione ed il delfino che lo prese sul dorso furono trasformati in costellazioni.
Taras cavalcò un delfino sullo Ionio per fondare la città di Taranto, che da lui prese il nome, e Plutarco narra di Odisseo, grato ad un delfino che aveva salvato il piccolo Telemaco caduto in mare. Si diceva che anche il corpo del giovane Dio Palemone fosse giunto a Corinto portato da un delfino.
Plinio il Vecchio ed Eliano ci raccontano di giovinetti in groppa ad amici delfini, compagni di giochi affezionati fino alla morte e talvolta sepolti nella stessa tomba.
Anche Pausania testimoniò di aver visto personalmente un ragazzo cavalcare un delfino che aveva curato da una ferita.
Dante Alighieri ci ricorda l’amichevole ammonimento dei delfini ai marinai quando sta per avvicinarsi una tempesta (Inferno, XXII, 19-21):
Come i dalfini, quando fanno segno
a’ marinar con l’arco de la schiena,
che s’argomentin di campar lor legno …

Sempre Plinio rammenta i delfini alleati dei pescatori, con i quali dividono il pesce e la grande sensibilità alla musica dell’animale.
Allegro compagno di giochi e divertente acrobata marino, il delfino ama la compagnia dei propri simili, ma anche quella dell’uomo come nessun altro animale mostra. La sua intelligenza e la capacità di adattamento sono effettivamente degne di nota e dimostrate dai fatti oltre che dai miti.
Uno speciale patto di alleanza lo lega ai giovani esseri umani, con i quali condivide il fatto di essere agile e gaio, oltre ad essere glabro, come molti mammiferi marini.
Queste qualità ricordano Mercurio, il Dio giovinetto, signore del gioco, ma anche psicopompo, e servono ad integrare la simbologia complessa del delfino, così come fu poi ripresa anche dall’iconografia cristiana: amico, Salvatore, coraggioso compagno delle Anime che trasmigrano.
L’agiografia ricorda i delfini al salvataggio di San Callistrato dall’annegamento e di San Martiniano dalla lussuria, oltre al trasporto del corpo di Luciano di Antiochia.

4) IL DELFINO ASTROLOGICO

(Mercurio e Nettuno) collaborano, sia pure in modi diversi,
alla composizione dell’intelligenza e inoltre
esprimono la curiosità e la sete di conoscenza…

Lisa Morpurgo, La natura dei pianeti

Per tutto quanto suddetto, le corrispondenze simboliche, mitologiche e astrologiche del delfino appaiono quindi, come spesso succede, plurivoche e complesse.
• Come animale sacro ad Apollo, è riconducibile al Sole.
• Come cavalcatura marina è un emblema di Nettuno.
• Come comportamento si rilevano prevalentemente valori attinenti a Mercurio.
Grazie all’alleanza con Nettuno, Mercurio dona al delfino le sue migliori possibilità espressive in ambito ludico, ma anche la vivace mobilità dell’animale, tesa alla sperimentazione e all’avventurosa scoperta dell’ignoto, sembra trovare in questo binomio planetario una spiegazione analogica.
Si pensi alla storia evolutiva dei delfini, derivati da un antenato placentato in precedenza già ampiamente adattatosi alla vita terrestre. Un mammifero quadrupede dotato di pelliccia da milioni di generazioni; un essere con un passato rettiliano antichissimo in cui si era svincolato definitivamente dall’ambiente acquatico per abitudini alimentari e riproduttive. Questo antenato dei delfini, agile e vivace, sotto una spinta mercuriale-nettuniana, iniziò a vivere quasi come un anfibio lungo le coste degli oceani di circa sessanta milioni di anni fa. Cominciò a tuffarsi in apnee sempre più prolungate, sollecitato dallo spirito di avventura, dalla curiosità di esplorare gli affascinanti ambienti sotto la superficie del mare.
Mercurio in quel caso fu il simbolo della curiosità, dell’intelletto geniale e dell’inventiva, capaci di percepire le grandi possibilità offerte da un nuovo ambiente da colonizzare, ed infine del movimento, del primo meraviglioso tuffo in quel misterioso mondo liquido. Ma quell’animale, ancora terrestre anatomicamente e fisiologicamente, ad un certo punto, decise di non tornare indietro sulla terraferma, e questa decisione fu straordinariamente alternativa, fantastica e geniale, in altri termini fu nettuniana. Così come nettuniana fu la conseguente evoluzione (“metamorfosi”) adattativa della specie, che fece fondere le due zampe posteriori in una piatta coda e le due narici in uno sfiatatoio arretrato dorsalmente, modificare le zampe anteriori in pinne pettorali e tutto il corpo in senso idrodinamico, perdere la pelliccia e sviluppare altri organi e funzioni idonei alla vita acquatica di un essere omeotermo e polmonato come l’uomo.
Questo salto evolutivo straordinario rappresentò il successo della specie nei mari e anche nei fiumi di tutto il mondo per tutti i successivi milioni di anni fino ai nostri tempi.
L’antica trasformazione dell’antenato del delfino equivale, sul piano astrologico individuale, all’azione immediata di un soggetto disposto ad abbandonare le proprie presunte certezze (il noto) per abbracciare un piano alternativo di esistenza (l’ignoto) in cui si prende coscienza della propria reale intima e profonda essenza.

Si può riflettere sul necessariamente incompleto schema seguente, sia mitologico che biologico, del delfino:
• Intelligenza e capacità di adattamento (Mercurio e Nettuno).
• Comportamento gregario (Casa III).
• Gusto per il gioco e senso dell’umorismo (Mercurio).
• Assenza di peli, come nei giovani uomini (Mercurio).
• Simpatia per i giovani della nostra specie (Mercurio).
• Capacità di imitare suoni articolati umani (Mercurio).
• Capacità di comunicare (Mercurio).
• Funzione di psicopompo (Mercurio in Scorpione).
• Agilità e velocità (Mercurio).
• Curiosità (Mercurio).
• Udito raffinato e mitologico gradimento della musica (Mercurio).
• Capacità metamorfica (Nettuno).
• Mito omerico dei ladri mutati in delfini (Mercurio e Nettuno).
• Mito del patto di amicizia tra uomini e delfini (Mercurio e Nettuno).
• Presenza nell’iconografia nettuniana e mistica cristiana (Nettuno).
• Simbolo isiaco di resurrezione e di trasformazione (Nettuno).
• Simbolo mistico cristiano di trasformazione spirituale e di salvezza (Nettuno).
• Mistici racconti di salvataggi (Nettuno).
• Intelletto e efficienza (Mercurio).

5) HOMO DELPHINUS

Tutto fa pensare che il carattere,
dimostrato dal delfino nel suo comportamento
allegro e attento con gli uomini,
sia stato, nella ricerca del contatto con loro,
lo stesso in ogni tempo
“.
Jacques Mayol

Queste riflessioni su Mercurio, Nettuno e i delfini mi hanno ricordato il mio incontro con Jacques Mayol nel 1983, appena due anni dopo la mia laurea in biologia marina.
Mayol all’epoca era già famoso per le sue immersioni record in apnea, e da tempo viveva all’Isola d’Elba, a Capoliveri (certamente non è un caso che questo paese abbia un delfino e un’ancora nello stemma, come nell’antico emblema di Augusto).
Fu il primo uomo a raggiungere i 100 metri di profondità in apnea il 23 novembre 1976 e la sua sfida a distanza con Enzo Maiorca fu un’appassionante avventura sportiva e scientifica di quel decennio.
Condivideva con me una grande passione per lo Yoga, usando le tecniche del Pranayama per migliorare le proprie prestazioni, ed era anche un mistico cultore dello Zen.
Ma sopra ogni cosa Jacques amava i delfini, con i quali aveva una speciale modo di comunicare, fino dal 1957, quando aveva iniziato a lavorare con loro al Seaquarium di Miami.
Misticismo e amore per i delfini lo condussero a elaborare la teoria dell’Homo delphinus, quasi un auspicio di prossima evoluzione umana in senso acquatico, ovvero un ritorno alle origini.
Mayol notò che il delfino è un mammifero che, pur avendo abitudini acquatiche, non ha sviluppato nessun organo particolare per vivere sotto la superficie del mare che già l’uomo non possieda. Anche per questo sfidava gli abissi. Sentiva una crescente speciale affinità per i delfini, che non mancavano di comunicare con lui in ogni occasione importante della sua vita.

Jacques Mayol (1/4/1927, h.6.00, Shangai, 121°28’E 31°10’N)
Nel Tema Natale di Jacques Mayol, per quanto l’orario di nascita non abbia una fonte nota (secondo Lois Rodden), troviamo un Mercurio piuttosto significativo.
Lo stellium in Pesci in XII Casa comprende Mercurio, Giove e Luna, mentre prima dell’Ascendente in Ariete si trovano anche Urano e Sole. Il misticismo e la grande attrazione per il mare si fondono ad una straordinaria sensibilità, forse eccessiva e non priva di una certa sofferenza legata a percezioni originali e ad emozioni intense, la stessa sofferenza che lo portò alla depressione dopo la morte della moglie e quindi al suicidio in solitudine nella sua casa di Capoliveri il 22 dicembre 2001. Del resto la XII Casa è fin troppo affollata e dimostra quanto la vita di Mayol sia stata improntata alla ricerca interiore, alla spiritualità, e alla comunicazione con il profondo Sé, sublimata con le pratiche orientali dello Yoga e dello Zen.
L’Acqua è l’Elemento primario di Mayol, che la “sente” rassicurante come il liquido amniotico di cui ha nostalgia. Ma il trigono di Plutone dal Cancro spinge a ricercare questa antica “patria” nelle profondità più nascoste ed oscure del mare. Anche la posizione di Giove suggerisce che il soggetto vede la propria crescita nello specialissimo contesto dei record subacquei, con la conquista dello spazio inconsueto delle profondità marine.
Ma a simboleggiare lo spirito di avventura e la volontà di superare primati più di tutto spicca l’aspetto di Marte a Nettuno in V Casa e in Leone, che si esprime anche nell’originale metodo di trasformare la propria passione vivendola con energia.
Mercurio esprime la sua valenza di mobilità in senso verticale con tendenza alla profondità, mentre il Sole in Ariete rappresenta il coraggio anche incosciente di tuffarsi a testa in basso fin oltre cento metri sotto la superficie.
Mercurio (così amplificato, nettuniano e lunare, stimolato anche da Marte, signore dell’Ascendente) in questo tema è fortemente sollecitato a comunicare secondo un inconsueto stile cognitivo. La creatività si esalta qui a trovare originali possibilità esibizionistiche nell’ambiente acquatico in cui la socievolezza innata nei delfini ed il desiderio mercuriale-nettuniano di comunicare con loro hanno un ruolo chiave: Jacques Mayol lavorò a lungo con questi animali negli spettacoli del Miami Seaquarium, o forse è il caso di dire che “giocò a lungo” con loro.
Sempre meno terrestre e sempre più acquatico” disse di lui un suo amico medico, e certamente il suo animo, così intensamente segnato da valori Pesci, coltivò il mistico e fantastico sogno di trasformarsi nel primo individuo di una nuova evoluta specie segnata dall’alleanza di Mercurio con Nettuno: Homo delphinus.

Giovanni Pelosini

BIBLIOGRAFIA:

Robert Graves, I miti greci, 1963
John Landis, Animal House, 1978
Jacques Mayol, Homo delphinus, 1979
Lisa Morpurgo, La natura dei pianeti, 1986
Giovanni Pelosini, L’apparente futilità dell’essenza, Anima e pratica, 2008



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