Il Connubio Chimico (di Lorenzo F.L. Pelosini)
Il Cinema alchimia di immagini e musica
Gli amanti del Cinema sono cultori dell’immagine. Questa è una sacrosanta verità, ma non è tutta la verità, nient’altro che la verità. A dirla tutta, noi “masticatori di pellicola” tendiamo anche ad essere grandi amanti della parola scritta, dell’opera drammaturgica in generale e, non in ultima analisi, della musica. Questo perché il Cinema è, almeno a mio parere, un meraviglioso (quasi perfetto) connubio chimico di una serie di forme artistiche miscelate. Per quanto io ami la scrittura e la lettura (e, credetemi, le amo molto) e per quanto io resti senza fiato quando ascolto il Requiem di Mozart o la voce di Freddy Mercury che inneggia “Show must go on”, non c’è brivido più grande per me del vedere grandi storie e grandi sinfonie unirsi e fermentare nel calderone della Settima Arte. Un po’ pomposa come immagine? Forse, ma è così che la vedo. Non solo: credo anche che la musica sia qualcosa di diverso ed essenziale.
Il mito del Canto Primordiale
Tutti i miti creazionistici fanno riferimento al Canto Primordiale che creò il Mondo: dall’ Om della tradizone induista, al biblico In principio fu il Verbo. Lo stesso Tolkien, nel suo Silmarillion, narra dei grandi Valar, che fecero sorgere l’Universo dal proprio canto.
“Dio ci ha dato la musica in primo luogo per indirizzarci verso l’alto. La musica raduna in sé tutte le virtù, sa essere nobile e scherzosa, sa rallegrarci ed ammansire l’animo più rozzo con la dolcezza delle sue note melanconiche, ma il suo compito principale è guidare i nostri pensieri verso l’alto, così da elevarci, da toccarci nei profondo”, diceva quel dannato genio di Friedrich Nietzsche a soli quattordici anni. Ma fu Schopenhauer che dichiarò la Musica la riproduzione dell’essenza del Mondo. Sosteneva infatti che essa fosse l’unica forma artistica in grado di trascendere la rappresentazione fenomenica e farci giungere alla vera essenza delle cose. E questa ipotesi è quanto mai condivisibile se pensiamo che la musica comunica qualcosa di enormemente potente senza usare le parole. È un’arte senza mediazione che parla all’inconscio e all’anima che vi abita. Potremmo quasi dire che la musica sta alla parola come l’anima sta al corpo.
Musica e immagini
Questo basti per farvi capire che non mi sogno neanche lontanamente di affermare che la musica sia inutile di per se stessa. Tutt’altro. Dico solo che godermela associata in un rapporto dinamico-ritmico ad un’immagine è come vedere l’aura di una persona. Ho amato molte immagini cinematografiche nel corso della mia vita, ma la silhouette di Indiana Jones che cavalca nel sole del deserto è niente senza la musica di John Williams, la DeLorean che viene colpita dal fulmine è solo una macchina senza il tema di Alan Silvestri, il Monolite Nero che fluttua nello spazio è solo un relitto senza Strauss.
Di quale essenziale soffio di vita mancherebbero molti dei film che abbiamo amato se i registi di tali film non avessero stipulato coi propri compositori di fiducia quel vincolo che così bene rappresenta il matrimonio fra immagine e suono? Provate a guardare quei film col volume abbassato e ve ne accorgerete.
Di recente Steven Spielberg si è recato negli studi di registrazione del suo amico e collaboratore John Williams e, portandogli in dono lo storico cappello di Indiana Jones, gli ha detto: “Sei una benedizione.” Sono stato profondamente commosso da questo gesto, che rende un giusto omaggio a quello che è forse il più grande compositore degli ultimi cinquant’anni, padre delle colonne sonore di Star Wars, Lo Squalo, E.T. L’Extra Terrestre, Jurassic Park, Shindler’s List e molte altre sinfonie entrate a buon diritto nell’immaginario collettivo.
Ad ogni modo, che sia il regista a lavorare seguendo la musica, come avvenne nel rapporto fra Leone e Morricone, o, come avviene nel caso di Spielberg e Williams, il compositore a lavorare sull’immagine, penso che l’uno necessiti dell’altro in maniera simbiotica, così come l’anima del corpo e il corpo dell’anima.
Lorenzo F.L. Pelosini