Il Faro di Alessandria: Emblema di Mercurio

Le Sette Meraviglie del Mondo: Il Faro di Alessandria

l disgregarsi dell’impero di Alessandro Magno vide sorgere in Egitto la dinastia Tolemaica, il cui capostipite, già brillante generale macedone, fu anche illuminato e lungimirante sovrano. Tolomeo sognava di far crescere la sua capitale con una particolare attenzione per il commercio e la cultura. Fu così che, intorno al 300 a.C., progettò di edificare in Alessandria d’Egitto la più grande e famosa biblioteca del mondo antico ed il mitico Faro, una delle sette meraviglie del mondo.

La città era sorta presso le foci del Nilo come uno dei porti commerciali più importanti del Mediterraneo orientale. Si racconta che Alessandro in persona abbia tracciato sul terreno i confini della città utilizzando chicchi di grano e che ciò fu di buon auspicio per il futuro centro commerciale di esportazione dei raccolti della fertile valle del Nilo. La vocazione al commercio rese quindi fin dagli inizi Alessandria un luogo simbolicamente mercuriale dal punto di vista dell’analogia astrologica. Nel periodo ellenistico fu una delle città più importanti del mondo conosciuto e contò centinaia di migliaia di abitanti in epoca romana, diventando il più rilevante emporio per l’approvvigionamento di grano della capitale. Di fronte alla città sorgeva l’isolotto di Pharos, collegato alla terraferma dall’Eptastadio, una diga lunga circa 1200 metri che fungeva anche da acquedotto e contribuiva a delimitare il porto. Nella totale assenza di alture sulla costa, per segnalare i pericolosi banchi di sabbia e guidare le navi verso la stretta imboccatura, fu costruita sulla punta dell’isola una grande torre di base quadrata sormontata da un’altra torre ottagonale, a sua volta sostenente un torrione cilindrico. La torre era alta probabilmente 134 metri e la luce della sua lanterna si poteva vedere fino a decine di chilometri di distanza, secondo la descrizione che ne fece Giuseppe Flavio. La grandezza e la bellezza della costruzione era tale che il nome dell’isola, Pharos, divenne ben presto famoso nel mondo e passò a designare ogni torre di segnalazione per i traffici marittimi che fu costruita da allora in poi.

Il Faro di Alessandria rappresentava il risultato di una tecnologia straordinaria per l’epoca: probabilmente funzionava di giorno con particolari specchi di bronzo che riflettevano la luce solare, e di notte con dei fuochi, degli specchi parabolici e forse delle lenti che consentivano un migliore utilizzo dei fasci luminosi. La forma cilindrica della parte alta della torre lascia pensare che la luce emessa potesse essere girevole, come nei moderni fari. L’uso di queste tecnologie non stupisce troppo se si pensa che Alessandria era anche un centro culturale e scientifico di prima grandezza e che vi operavano le menti più geniali del mondo antico. Non si dimentichi poi che la Biblioteca raccoglieva un sapere immenso, che spesso ha richiesto secoli per essere recuperato; ancora oggi si piange la distruzione dei suoi preziosi volumi, avvenuta in più fasi, ma quasi sempre a causa di fanatismi religiosi e della sete di potere di chi, grazie ad essi, governava i popoli. Lo splendido Faro invece fu abbattuto da due terremoti e finito dalla forza delle onde nel 1303 e nel 1323.

Per circa 1600 anni la sua mole e la sua luce aveva guidato i marinai, così come a lungo la cultura alessandrina aveva guidato i sapienti di ogni cultura del Mediterraneo. Dall’alto della torre si poté quindi vedere il sorgere ed il declinare della potenza dell’impero romano, il fiorire di un importante quartiere ebraico, il martirio di Ipazia, le sanguinose lotte fra cristiani e pagani, la diffusione delle conoscenze gnostiche, le invettive del Patriarca Attanasio e la sconfitta degli eretici Ariani, la dominazione bizantina e quella persiana, l’invasione araba e quella turca. Le sue rovine servirono alla costruzione di un forte medievale ed i resti delle grandi statue degli Tolomei che abbellivano il mitico Faro ancora affiorano dai fondali marini. Il Faro di Alessandria non ebbe però tempo di osservare il definitivo declino della mercuriale città portuale, quando la scoperta delle Americhe e l’apertura delle rotte orientali oltre il Capo di Buona Speranza spostarono l’asse principale dei traffici marittimi fuori dell’angusto spazio mediterraneo.

Oggi del grandioso Faro di Alessandria, meraviglia del mondo antico, non rimane che il nome, perpetuato dall’uso che l’umanità ne ha fatto. Immagino che il nume tutelare dei fari dell’antichità, ed in particolare di questo, fosse Mercurio, patrono del commercio identificato con l’alessandrino Ermete Trismegisto e con l’egizio Thot, sapiente inventore della scrittura e benefattore dell’umanità: a lui va l’onore di avere dominato le paludi di Mareotide presso il delta del Nilo con una delle più utili e longeve delle sette meraviglie del mondo.

Giovanni Pelosini



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