I Simboli della Comunicazione e il Sarcasmo
Quando ci si esprime con la parola scritta ci si confronta sempre con la difficoltà di manifestare le sfumature del proprio stato d’animo: al di là del senso stretto delle frasi utilizzate è spesso arduo riuscire a far capire all’interlocutore se l’intento delle parole è, per esempio, ironico, scherzoso, amichevole o volutamente pungente. Il problema è molto meno sentito durante un dialogo, poiché si possono usare diversi toni di voce, sguardi particolari e soprattutto il linguaggio gestuale e mimico.
Secoli fa già Socrate aveva affrontato il problema, giungendo alla conclusione che la parola scritta fosse poco utile, e addirittura dannosa per la mente. Non ci sono, infatti, giunti libri di questo grande filosofo, ma solo ricordi scritti dei suoi allievi. Socrate era convinto che non si potessero trasmettere idee tramite la parola scritta, che era saggio utilizzare soltanto per giocare, divertirsi e prendere qualche appunto. Platone nel Fedro riporta questi concetti, forse proprio a puro scopo divulgativo, rimarcando comunque l’esoterismo del messaggio socratico, che era esclusivamente orale, e l’impossibilità di riportare per scritto un complesso discorso filosofico senza in fondo tradirne il senso originale.
Non possiamo che essere d’accordo con i filosofi del passato, verificando quotidianamente come le passioni polemiche e lo spirito manipolativo della retorica dominino tuttora il linguaggio e la comunicazione umana. La fretta e la conseguente necessità di sintesi rendono sempre più la comunicazione una superficiale e confusa modalità espressiva in cui il senso del discorso si perde, ovvero veicola intenzionali manipolazioni, più o meno palesi. Ciò non è vero soltanto per la scrittura, ma in diversa misura anche nei vari mezzi di comunicazione di massa, non a caso regno incontrastato di informazioni pubblicitarie commerciali, di propaganda politica e di messaggi anche subliminali. Come predisse Socrate, il risultato è sempre più un oceano di parole, per lo più vuote di significato, in cui le correnti delle diverse passioni umane e i venti della vana retorica trascinano alla deriva le zattere passive dei lettori, i quali finiscono per annegare nei gorghi senza avvicinarsi mai alla spiaggia della comprensione della realtà.
La recente e crescente grande diffusione di mezzi di comunicazione elettronici, dalle mailing list ai “messaggini” sui telefoni portatili, da Facebook alla semplice posta elettronica, ha fatto sviluppare ortografie e grammatiche specifiche, spesso legate a gruppi che condividono slang e modi di dire, ma non ha risolto l’antico conflitto fra il “significato” (ciò che si desidera comunicare) e il “significante”, in questo caso il messaggio scritto. Tale messaggio raramente si produce e si acquisisce in senso simbolico in tutta la sua complessità, ma spesso si avvale di icone che segnalano l’intenzione dello scrivente.
Agli inizi erano solo alcuni segni di punteggiatura in particolari sequenze, ma presto si sono sviluppate successive generazioni di simbolismi che sempre più specificamente sottolineano un discorso evidenziandone l’intento: le cosiddette “emoticon” sono ormai tante “faccine” gialle diffuse come la punteggiatura che manifestano lo stato d’animo dell’autore dello scritto. Così una faccina sorridente aiuterà a capire meglio la felicità che si cela in un discorso scritto, una faccina che strizza l’occhio darà un senso di amichevole complicità, una faccina con la bocca storta esprimerà contrarietà, e così via, con sempre nuove fantasiose icone, anche animate. Senza dubbio questa recente evoluzione della comunicazione scritta rappresenta un aiuto tangibile alla comprensione del linguaggio scritto, ma è assai probabile che la tecnologia futura saprà sorprenderci con ulteriori modalità espressive, sempre più mirate ed efficaci.
È di quest’anno la notizia diffusa da Paul Sak, della Sarcasm Inc. del Michigan, dell’invenzione del simbolo del sarcasmo, da utilizzare come specifica icona nei messaggi scritti: il SarcMark. Chi vuole esprimere il proprio vero sentimento sarcastico e soprattutto evitare pericolosi fraintendimenti di una frase scritta, da ora in poi potrà utilizzare l’icona del SarcMark, una specie di punto esclamativo arricciolato a spirale. I creatori di tale simbolo sono convinti che lo spirito del sarcasmo faccia bene alla salute e che, come pensava anche Sigmund Freud, esso sia anche un sintomo di intelligenza. Sull’intelligenza posso anche essere d’accordo, ma lo sono molto meno per ciò che riguarda il benessere, distinguendo fra “ironia”, che può anche essere benevola, e “sarcasmo”, che è un motto mordace, finalizzato a ferire, una ironia decisamente amara e pungente. La stessa etimologia della parola “sarcasmo”, derivata dal greco sarkàzein, che significava “lacerare le carni”, esprime chiaramente il suo scopo lesivo.
Il simbolo del sarcasmo è già stato brevettato e se ne prevedono numerose applicazioni nelle chat e anche nella semplice posta elettronica, prevedendo che tutti coloro che amano l’ironia amara nella comunicazione si dotino di questa icona installabile sui diversi sistemi operativi dei computer. Effettivamente l’immagine di un punto esclamativo che si arrotola su se stesso può esprimere abbastanza bene il meccanismo mentale che accompagna la produzione e la comprensione di una frase sottilmente ironica o sarcastica. Infatti, il processo che conduce al senso di una espressione sarcastica non è diretto, così come nel SarcMark non è una linea retta ma una spirale a condurre al punto centrale. Secondo la più moderna ricerca neuropsicologica e fisiologica, il sarcasmo gioca sulla contraddizione che il lettore può cogliere fra il significato letterale di una frase e il contesto: contrasto evidenziato anche dalle diverse percezioni dei due emisferi cerebrali umani. Il cervello sinistro, più analitico, comprende la logica della razionalità della frase, e quello destro, più sintetico, tende a evidenziarne il contesto. Dalla successiva rielaborazione delle due percezioni emerge il contrasto, e quindi se ne coglie l’aspetto comico. È lo stesso meccanismo umoristico di una vignetta in cui il testo scritto appare talmente dissociato dall’immagine da suscitare ilarità, e anche quello di innumerevoli barzellette.
Concludo ricordando che, in ogni caso, la parola scritta è sempre il segno grafico di un significante logico, quindi, come diceva Elémire Zolla, il “segno di un segno” di un significato. Difficilmente la tecnologia potrà eliminare del tutto questa sua distanza dal “significato”: una distanza oggettivamente rilevante. Se poi si aggiunge il fatto che esiste una ineliminabile soggettività, sia espressiva che percettiva, per la quale addirittura anche nel discorso verbale chi usa una certa parola non necessariamente la intende come chi la ascolta, ci spieghiamo l’enorme complessità del linguaggio e la grande difficoltà di comunicare idee e concetti senza fraintendimenti.
Ecco perché i più grandi saggi si affidano da sempre al silenzio, alla meditazione, all’esempio, e al linguaggio diretto del simbolo, che probabilmente possono più di molte parole e certamente più di tante chiacchiere.
Giovanni Pelosini
Novembre 26, 2010 alle 17:52
Puntuale come sempre a mettere attenzione dove si deve!
Trovo che però il sarcasmo (che detesto, personalmente amo l’ironia sottile che rimane distaccata senza arrivare a bassezze sarcastiche che secondo me si “collegano” troppo direttamente con il soggetto che vogliono “ferire”), sia indice di proprio malessere, di patologie “fegatose”(epatiche), di bile al verde, di “Sgarbi_ipercritici”, di odio e di invidia celata da un finto senso di superiorità… Chissà perché ho visto il sarcasmo soprattutto nei musicisti da Conservatorio”, forse hanno imparato da… Salieri”… Non so.
So che ora se ne vedranno delle belle in rete! Tutti ad usare il nuovo simbolo e far èpassare per sarcastiche frasi del cappero… Anche per il sarcasmo (seppur pessimo) ci vuole una giusta cultura… Penso ad Arthur Schopenhauer che adoro e gli perdono di tutto. Soprattutto perché lui si è messo il problema del “L’Arte di conoscere se stessi” e ci ha scritto anche un libro.
La maggior parte di chi si tufferà virtualmente in sarcasmi con simboli SarcMark conosce di se stesso solo il nick…
(Chissà se son stata sarcastica o solo ironico_veritiera__:-))
Ciao. Belle e buone cose.
Settembre 22, 2011 alle 05:03
Conosco osti di montagna che riescono a scambiare tre frasi in un’interna giornata. Chissà se amano il vino o avrebbe fatto una qualche differenza per loro vendere mangime per polli o dissodatrici di terreno…