Il Ritorno di Nettuno nei Pesci
Dopo 150 anni Nettuno ritorna nel Segno del Mare
Dalla sera del 3 febbraio 2012 il pianeta Nettuno si trova definitivamente nel segno dei Pesci, dove rimarrà ininterrottamente fino al marzo 2025. L’ultimo lungo transito nel segno risale al periodo 1847-1862: un periodo confuso e complesso nella storia europea e italiana in particolare, in cui l’equilibrio sociale e politico fu più volte destabilizzato da sommosse e guerre prima che si instaurasse un nuovo ordine.
Dal punto di vista simbolico questo passaggio planetario risulta molto importante e assume le forme del ritorno del padrone nella propria casa da cui mancava da lungo tempo. Il signore del mare ha fatto un lunghissimo viaggio e per 150 anni ha visitato il resto dello Zodiaco (più o meno il tempo dall’unità d’Italia ad oggi); adesso ritorna trionfalmente nella propria dimora.
Il Ritorno di Nettuno di John S. Copley e l’Inno a Nettuno di Giacomo Leopardi
Lo immaginiamo come nel dipinto di John Singleton Copley del 1754, intitolato significativamente Il ritorno di Nettuno. Il sovrano incoronato siede nella classica postura del monarca che solo agli imperatori nel Medio Evo era concesso assumere, con le gambe a formare la croce simboleggiante il potere sullo spazio. La mano sinistra solleva al centro della scena il globo verde, emblema dell’idrosfera e del potere sull’Elemento Acqua, mentre la destra tiene come uno scettro e come un vessillo il lungo tridente con gli arpioni: glifo di Nettuno e quindi simbolo araldico del re del mare, nonché antichissimo strumento da pesca.
La sovranità di Nettuno è rimarcata dalla corona di cui si notano sette aguzze punte dorate; la sua autorevolezza è supportata dalla lunga barba bianca che si muove alla brezza marina, nascondendo appena l’espressione serena del personaggio, che si mostra con gli occhi socchiusi placidamente seduto sul carro.
Nereidi e ninfe Oceanine, o forse sirene, accompagnano il suo trionfo anche nuotando in corteo acquatico, mentre un tritone sostiene quella che sembra una grande conchiglia tridacna che funge da seggio. Una sorta di centauro con orecchie da fauno segue il cocchio suonando una strana conchiglia come fosse una buccina secondo l’usanza degli aborigeni polinesiani.
Un putto guida il carro e incita i quattro destrieri con quella che sembra un’alga usata come un frustino, mentre un altro putto, alato, segue la scena dall’alto mostrando una gorgonia. Copley era affascinato dalle tematiche riguardanti il mare, come dimostra anche il suo Watson and the Shark (1778), il primo dipinto che raffigura un attacco di uno squalo a un essere umano, anche se molti particolari evidenziano il fatto che la sua esperienza di biologia marina fosse assai modesta. Eppure, nonostante che il pittore non avesse evidentemente mai visto né uno squalo né una tridacna gigante, che raffigura in modo approssimativo, né tanto meno un gasteropode usato come uno strumento a fiato, la sua visione di Nettuno contornato da creature marine dimostra sensibilità e forza, nonché la stessa ispirazione che guidò Giacomo Leopardi nello scrivere:
“A te, Nettuno re, forza è che indrizzi
Il nocchier fatichevole che corre
Su veloce naviglio il vasto mare…”
(Giacomo Leopardi, Inno a Nettuno, 3-5).
I quattro cavalli grigi sono bellissimi mentre agitano un mare altrimenti calmo muovendo le zampe che sembrano mutarsi in pinne e confondersi con le onde, diventando così “cavalloni” più che cavalli, e ricordando gli innumerevoli miti che legano questi animali a Poseidone-Nettuno.
I Cavalli di Poseidone
Nel XXII Inno Omerico Poseidone è chiamato pomposamente “Domator di cavalli”, e per salvarlo dall’essere divorato da Crono sua madre Rea lo sostituì con un puledro. Sempre Leopardi, fingendo di tradurre un antico testo attico, a lui rivolto canta:
“… e primo
Tu de la terra scotitor possente
A’ chiomati destrieri il fren ponesti.
Salve, equestre Nettuno…”
(Giacomo Leopardi, Inno a Nettuno, 90-93).
Nelle sacre nozze del mare con la terra, quando Poseidone sposò Demetra, entrambi si mutarono in cavalli; e infine, quando il Dio del mare voleva regnare sull’Attica e sulla nascente città di Atene in competizione con Atena, donò agli abitanti un magnifico cavallo che fece emergere da una frattura del suolo, non abbastanza splendido però da superare l’olivo, il dono della Dea.
Dalle nozze di Poseidone con la mostruosa Medusa nacque il meraviglioso Pegaso, un cavallo dotato di ali, capace di volare veloce e di far scaturire fonti sacre percuotendo la terra con gli zoccoli.
Il Nettuno di Leonardo da Vinci
Un’altra importante immagine simbolica di Nettuno è quella che ci ha lasciato Leonardo da Vinci, molto più forte e impetuosa, più dinamica e adatta al nume che Omero chiamò Ennosigeo, capace di scuotere la terra percuotendola con il suo tridente e generando terremoti. Questo Nettuno è decisamente più selvaggio e potente, mentre doma i furiosi cavalli che lo trasportano scalpitando sui flutti come volando sulle acque agitate e solleva il tridente per lanciarlo minacciosamente in basso:
“…Allor che poni
Tu sotto il giogo i tuoi cavalli, e volano
Essi pel mare indomito, fendendo
I biancheggianti flutti, e sui lor colli
Disperge il vento gli aurei crini; intorno
A te che siedi e il gran tridente rechi
Ne le divine mani…”
(Giacomo Leopardi, Inno a Nettuno, 159-165).
Quale Nettuno è tornato in Pesci?
Quale Nettuno è tornato a casa nel segno dei Pesci? Il placido protettore delle acque donatrici di vita e portatrici di conoscenza, o il possente scuotitore della terra e del mare?
Sarà il dolce amante di Ifimedia, che si versava per questo acqua marina sul fremente seno? Un sentimentale e sensibile amante dell’arte e dello spirito d’avventura, strumento sottile di percezione di ciò che sta oltre?
O sarà il tenace persecutore di Ulisse, che non riusciva a fuggire alla sua ira in nessuna spiaggia del mondo? Un violento e mistico tsunami delle coscienze o un perdersi nel mare magnum della fantasia?
E che sarà in particolare dell’Italia, che proprio durante l’ultimo passaggio di Nettuno in Pesci conquistò l’agognata unità?
L’ambivalenza del segno, presente anche nel glifo, non consente una lettura solo simbolica di questo epocale ritorno di Nettuno che potrà portare al mondo forse sia disordine e confusione nelle menti già turbate e implicate nel sistema strutturatosi negli ultimi 150 anni, sia chiarezza spirituale negli animi pronti a farne esperienza. Probabilmente assisteremo alla trasformazione di pensieri dominanti e di comportamenti, alla perdita di presunte certezze e sicurezze, minacciati da nuove illusioni e delusi dalle antiche, all’accettazione di una inevitabile metamorfosi. A noi il compito di vivere la conclusione del ciclo di Nettuno al meglio, dopo averlo celebrato con le parole di Omero e di Leopardi, e con le immagini di Leonardo e di Copley; e sperando che Poseidone-Nettuno, profumato di mirra e “datore di gioia”, come cantano gli Inni Orfici (17) porti, rientrando nella propria dimora marina, un’occasione all’umanità di ottenere “Pace, Salute e prosperità irreprensibile”.
Giovanni Pelosini
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Vedi anche Elogio della Follia di Nettuno