L’Equinozio di Autunno nei Tarocchi

Le leggi cosmiche fanno sì che i ritmi celesti del macrocosmo e quelli terreni e umani del microcosmo scandiscano le tappe dell’esistenza anche con gli archetipi che si manifestano nell’antico gioco degli Arcani.

Così come i pianeti si muovono sullo sfondo zodiacale indicando tempi relativi ma precisi, i cicli millenari seguono il ritmo dei numeri sacri da sempre in quanto espressioni di “qualità” più che di “quantità”.

Nei 22 Arcani Maggiori dei classici mazzi di Tarocchi troviamo indicazioni simboliche precise anche di questa mirabile e ordinata realtà, particolarmente in dodici carte, che, fra le altre tante informazioni, si mostrano a noi come le dodici tappe del Sole che chiamiamo segni zodiacali. Per alcune lame questa analogia astro-tarologica è sottile e nascosta, per altre fin troppo palese anche per chi ignorasse i princìpi della simbologia esoterica. Si prenda il caso dell’VIII Arcano, la Giustizia, emblema netto ed evidente del segno della Bilancia e dei suoi significati celesti e terreni.

La Dea della Giustizia Temi era spesso raffigurata con una bilancia a due piatti, simbolo di equità assoluta, di imparzialità e di equilibrio, ma soprattutto di legge. Si narra che Zeus ebbe tre figlie da Temi: Equità, Legge e Pace. Ma un’altra tradizione racconta che le figlie erano invece due e si chiamavano Forza e Temperanza. Nello schema dei Tarocchi Aurei questo mito è particolarmente significativo in quanto contempla altri due Arcani Maggiori rappresentanti i segni del Leone e della Vergine, che precedono cronologicamente quello della Bilancia.

Se si ha cura di disporre i 22 Arcani Maggiori in quattro periodi di cinque carte, tenendo fuori l’Arcano senza numero (il Matto) e il Mondo (XXI), si scopre che la Giustizia (Bilancia) si va a collocare al centro delle 12 carte zodiacali, e al vertice di un ideale triangolo estivo-autunnale che comprende la Forza (Leone) e la Temperanza (Vergine).

Ed è pur vero che la Forza e la Temperanza devono essere adeguati sostegni alla Giustizia, che sarà attenta a non usare mai troppa della prima né troppa della seconda per evitare di essere eccessivamente rigida e autoritaria ovvero debole nella sua necessaria imposizione. E quindi la bilancia che la Dea tiene fermamente nella mano è utile anche per rivolgersi alle due figlie con opportuna equità e discernimento, per regnare con saggezza in ossequio al diritto. L’iconografia classica rappresenta la Dea della Giustizia talvolta appoggiata a un Leone, e in altri casi bendata e con le orecchie tappate, affinché il suo giudizio fosse rigoroso e distaccato.

Sul fatto poi che la carta della Giustizia vada ad occupare il centro dello schema zodiacale si potrebbe scrivere molto. Si pensi che i seguaci della setta esoterica britannica Golden Dawn, fra il XIX e il XX secolo, credettero di ristabilire l’ordine tarologico originale invertendo i numeri che la tradizione aveva assegnato alle due carte della Giustizia e della Forza: così che nei loro mazzi la Giustizia divenne l’XI Arcano della serie anziché l’VIII. L’obiettivo della Golden Dawn era evidente: assegnare alla Giustizia-Bilancia il posto centrale nella serie delle 22 carte. Chi infatti, se non la Bilancia, si dovrebbe collocare al baricentro del mazzo a rappresentare l’equilibrio delle contrastanti energie zodiacali e la separazione dell’anno in due semestri? Così come la Bilancia è il settimo segno zodiacale, in pratica al centro della serie di dodici, appariva opportuno che la Giustizia fosse l’undicesimo Arcano dei 22 Maggiori.

L’intento era lodevole e volto a ripristinare simbolicamente un ordine cosmico primordiale che si supponeva infranto, ma l’operazione fu arbitraria, e tutto sommato inutile, alla luce della posizione assunta dalla carta della Giustizia nello schema coerente delle analogie zodiacali proposto nei Tarocchi Aurei. In ogni caso la riforma proposta non ebbe grande seguito, visto che i mazzi di Tarocchi oggi seguono quasi tutti l’ordine tradizionale (con la Giustizia all’VIII posto), con la pur significativa eccezione del diffuso mazzo Rider-Waite che fu ideato da un seguace della Golden Dawn e realizzato nel 1910.

 

Nell’VIII Arcano Maggiore dei Tarocchi della Spirale Mistica, che ho sceneggiato per i disegni e i colori di Giuseppe Palumbo, la Giustizia è impersonata dalla figura dell’Arcangelo Michele, che, nell’iconografia cristiana, ricorre spesso con attributi che sono associabili a quelli del Tarocco: infatti lo vediamo spesso in armatura, con una bilancia ed una spada, spesso incombente su un dragone sconfitto. La festa di San Michele Arcangelo si celebra, non a caso, il 29 settembre, con il Sole ai primi gradi della costellazione della Bilancia. Ma è evidente che tale personificazione dell’archetipo della Giustizia e dell’Equinozio d’Autunno trova le sue origini anche in epoca precristiana nelle divinità preposte a giudicare, pesandole su una bilancia, le anime dei morti, come l’egizio Anubis.

L’Arcangelo Michele dei nostri Tarocchi è altero e freddo, non influenzato dai sentimenti, forte e nobile nell’atteggiamento. La corta spada che alza con severità è anche il simbolo della divisione delle due parti dell’anno, della cesura rappresentata dalla lettera Omega, così simile al glifo della Bilancia, emblema di uno dei due punti equinoziali di intersezione fra la ruota zodiacale e il piano equatoriale sull’ideale volta celeste. L’angelo guerriero spiega le ali in alto e mostra il petto e l’addome protetti dalla rigida corazza che toglie simbolicamente alle emozioni la capacità di influenzare il suo razionale giudizio. La legge deve essere applicata in modo impersonale e, all’occorrenza, duramente; ma ciò che più conta è il discernimento che il gladio, arma che sembra più adatta a tagliare e separare più che a trafiggere, allegoricamente rappresenta: la ragione (spada) discrimina e classifica, analizza e separa, così come la bilancia è strumento di misura imparziale, equo, esatto e “giusto”. Del resto anche Kheth, l’ottava lettera dei più antichi alfabeti conosciuti associata all’VIII Tarocco, possiede il significato geroglifico di “separare, chiudere in un recinto”.

Il rappresentante di questa Giustizia assoluta e divina porta un nome ebraico significativamente ambizioso: “Mi-cha-El” (Quis ut Deus) che può essere tradotto con “Chi è come Dio?” ovvero “Colui che è come Dio“. Nel primo caso il suo nome suona quasi come una minaccia e un avvertimento che ammonisce coloro che osano elevarsi fino a rinnegare la divinità e ribellarsi alla sua legge; nel secondo si erge come supremo rappresentante della stessa, principale delegato ad amministrare il mondo che altrimenti rischierebbe di precipitare nel caos.

La rocca normanna di Mont Saint-Michel si alza sullo sfondo, arrampicata sulla conica isola di granito che un corridoio di sabbia periodicamente collega alla terraferma durante le basse maree. E proprio qui, fra la sabbia e le onde, il “Principe della Milizia Celeste” Michele-Giustizia si impone al cambio della marea. Come i ritmi della natura e i passaggi lunari sul meridiano regolano l’alternarsi eterno dell’alta e della bassa marea, così il Sole regola le stagioni che si succedono in cicli perfetti evidenziando proprio nei momenti equinoziali i più significativi attimi spazio-temporali in cui si mantiene idealmente l’equilibrio dei dualismi cosmici. Luce e tenebre, giorno e notte, estate e inverno si equivalgono in un simbolico scontro mai mortale; albe e tramonti si alternano uguali nei due emisferi, mentre l’equatore vede finalmente il Sole allo zenit, equidistante dai due opposti poli. I contrasti si attenuano e si risolvono in quell’attimo sacro; gli Elementi si confrontano e misurano le proprie forze. L’Acqua e la Terra si scambiano i ruoli e scelgono di mantenere Mont Saint-Michel in un equilibrio ambiguo e irrisolto nella scelta di essere sia isola sia penisola, mentre il Fuoco delle guglie gotiche fiammeggianti tocca l’Aria del cielo incerto come il clima autunnale. Il cono della collina sembra quasi una piramide ardita e ferma, come lo è l’Arcangelo che sta per affrontare il suo antagonista. La guerra cosmica fra i cosiddetti “bene” e “male” sta per scoppiare, l’Estate sconfitta sembra perdere per sempre il posto che superbamente aveva tenuto, ma la stessa Ruota che elegge l’Autunno vincitore dello scontro la condurrà presto di nuovo alla vittoria. Si tratta della guerra di Michele contro il drago di cui parla cripticamente l’Apocalisse di Giovanni (XII, 7-8). Ma questa battaglia è inutile e incomprensibile senza l’interpretazione esoterica dei cambiamenti stagionali macrocosmici in chiave anche microcosmica, personale e umana, se è vero che l’Uomo è misura di tutte le cose e deve per questo farne esperienza. Così Johan Georg Gichtel, nel suo testo alchemico e allegorico Teosophia Practica (V,6) parla di questo scontro dell’Angelo con il Diavolo:

Ma questo combattimento spirituale è tanto nascosto e fuor da ogni

           schema che nessuno può arrivare nemmeno a concepirlo fatti salvi

           coloro che vi hanno preso parte compiendo il loro dovere …

Un secondo luogo sacro a Michele è la rocca Sacra piemontese che porta il suo nome e che vigila sul sentiero che conduce in Francia; ed un terzo importante sito a lui dedicato si trova sul Gargano, dove lo stesso Arcangelo sconfisse il toro di Mitra nel 490 d.C. prendendo possesso del tempio e del monte sacro, e dove simbolicamente lussò l’anca dell’imperatore Enrico II il Santo nel 1022, in un episodio che ricorda significativamente quello biblico della lotta di Giacobbe con un misterioso personaggio non ben specificato, ma di natura probabilmente angelica, secondo quanto narra Genesi (XXXII, 25-26):

Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare        dell’aurora. Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all’articolazione del femore e l’articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui“.

Troviamo l’Arcangelo Michele ancora nella Bibbia a vigilare sul popolo nella profezia di Daniele (XII, 1), che lo chiama “Gran Principe”; e ancora con funzione di protezione e difesa nella famosa apparizione sul torrione della Mole Adriana a Roma nel 590, seguita all’invocazione di San Gregorio Magno. Da allora conosciamo quel monumento come Castel Sant’Angelo e ricordiamo Michele come colui che sconfisse la terribile epidemia di peste di quel tempo.

I miti di Michele-Giustizia-Bilancia raccontano della sua virtù, della rettitudine, della decisa difesa dell’equilibrio e della equità, della legge e del diritto, della ragione e dell’ordine per la salute dell’umanità e la salvezza dell’intero universo. Eppure la saggezza che si cela nel mazzo di Tarocchi, il loro messaggio universale, oltre che personale, ammoniscono anche a considerare la citata legge della polarità, evitando qualsiasi eccesso, pur virtuoso, e tendendo al vero profondo equilibrio interiore, alla vera Giustizia che va oltre gli aspetti superficiali e gli stereotipi culturali e intellettuali di ogni principio.

A questo fine la carta della Giustizia deve evolvere veramente nell’Arcangelo Michele che sconfigge il drago delle passioni umane trasmutando alchemicamente la guerra in pace, la fredda separazione in comprensione dell’Unità, la rigida razionalità in discernimento, la mente che tutto vuole misurare e pesare in strumento di consapevolezza superiore, il pensiero logico in tolleranza, l’analisi in sintesi, il metodo in saggezza, l’istinto in ragione e la ragione in Amore.

Giovanni Pelosini



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