Extraterrestri: c’è Vita fuori dal nostro Pianeta?

Il fenomeno UFO è di origine extraterrestre?

Nell’ormai lontano 1977 Steven Spielberg sceneggiò e diresse il celebre film Incontri ravvicinati del terzo tipo (Close Encounters of the Third Kind), un’opera di fantascienza nella quale si descriveva il contatto con una civiltà aliena. L’opinione pubblica fu molto colpita e crebbe l’interesse per i fenomeni degli oggetti volanti non identificati, intrepretati da molti come mezzi di trasporto extraterrestri. Il dibattito sulla reale natura di questi fenomeni trovò nuova linfa, mentre l’attenzione del pubblico si manteneva vivace. Poi fu la volta di Ridley Scott con il film Alien. Sempre Spielberg nel 1982 diresse ET, una versione romantica di un extraterrestre naufragato sul nostro pianeta, e più di recente hanno avuto successo i remake di vecchi film degli anni ’50. Così, mentre la fantascienza cinematografica si evolveva proponendoci alieni di volta in volta amichevoli o insidiosi, mostruosi o tecnologici, la scienza progrediva assai lentamente nella conoscenza dei fenomeni collegati.

Nel 1994 l’inglese Alan Watts scrisse UFO Quest, in Search of the Mystery Machines: una ricerca sulla questione ufologica che prende il via dagli storici “dischi volanti” degli anni ’40 e ’50, descritti da Kenneth Arnold, Desmond Leslie e George Adamski, affrontando gli aspetti scientifici delle ipotetiche macchine volanti aliene, per giungere a trattare anche dell’allora incipiente fenomeno dei cerchi nel grano, che proprio in Inghilterra era già particolarmente frequente. L’approccio di Watts all’argomento era ed è tuttora considerabile moderno e, per quanto possibile, obiettivo. Per questo mi piacque, e lo proposi al pubblico italiano con il titolo UFO Dossier nel 1996, scrivendone una breve prefazione, nella quale esprimevo il mio pensiero sulla plausibilità della vita extraterrestre, senza entrare nel merito strettamente ufologico. Sono passati diciassette anni da quella pubblicazione, e, rileggendo ciò che scrissi allora, anche in relazione agli eventi succedutisi nel frattempo, per ora non ho cambiato idea.

Il caso Roswell

In quel tempo le manifestazioni note come cropcircles” o “cerchi nel grano” apparivano come particolarmente incomprensibili e misteriose, e si poneva pressantemente la questione della loro eventuale origine extraterrestre. Nello stesso periodo la diffusione di alcuni controversi filmati, e soprattutto le rivelazioni del colonnello Philip J. Corso, ex ufficiale del Pentagono, riaprirono il caso Roswell del 1947, rendendo la questione extraterrestre di scottante attualità, soprattutto sugli organi di stampa e in televisione.

Corso dichiarò di essere stato a capo della Divisione Tecnologia Straniera dell’esercito statunitense nel 1961, e di aver gestito un progetto di retro-ingegneria sui materiali alieni recuperati dalla presunta astronave extraterrestre precipitata a Roswell in New Mexico (il famoso presunto UFO crash del 1947): da quei materiali, secondo la sua dettagliata testimonianza, sarebbero derivate molte delle straordinarie tecnologie moderne che hanno fatto la fortuna dell’industria americana, come il laser, i microcircuiti integrati, le fibre ottiche e le fibre super-tenaci.

Esobiologia

Senza entrare nel merito delle questioni prettamente scientifiche, né volendo dare un giudizio generale sui fenomeni ufologici, la cui natura sfugge talmente alla nostra comprensione al punto che ancora ritengo un’ipotesi la loro stessa origine non terrestre, vorrei riflettere semplicemente sulla “possibilità” che esista vita al di fuori del nostro pianeta.

Chi la negava pregiudizialmente (allora come adesso) manifestava soprattutto una posizione ideologica fondamentalista, spesso giustificata con improbabili motivazioni che suonavano più come asserzioni tautologiche che non come ragionevoli pensieri. Sul versante opposto c’erano (e ci sono) i sostenitori a oltranza dell’esistenza degli alieni, i convinti contattisti, e i complottisti sempre pronti a vedere dietrologie, “Men in Black” controinformatori e debunker all’opera. I dibattiti, soprattutto televisivi, fra scettici e ufologi mostrarono, soprattutto alla fine del secolo scorso, confronti vivaci e anche accesi, ma quasi sempre inconcludenti e mai volti a fare davvero chiarezza sull’argomento. A tale proposito lo scienziato e ufologo americano Stanton Terry Friedman afferma che, tolta ogni irrilevante tesi prodotta da pseudo-ufologi e da agenti del discredito per spiegare (i primi), ovvero negare (i secondi), il fenomeno extraterrestre sulla Terra, ciò che rimane, per quanto possa apparire impossibile, è altamente probabile.

Il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer riteneva che non si potesse contemporaneamente “credere” e “pensare”, e, su questa distinzione che condivido mi basai per la mia riflessione, che è, appunto, un pensiero riflessivo e filosofico, che qui in breve riassumo e aggiorno.

Siamo davvero soli nell’Universo oppure la vita intelligente esiste anche al di fuori del nostro pianeta?

Questo affascinante quesito ha impegnato e diviso gli scienziati, i filosofi e la pubblica opinione soprattutto negli ultimi decenni, che hanno visto la nascita e l’evoluzione della cosiddetta Era Spaziale.

Cercando di inquadrare il problema nella giusta prospettiva, alla luce delle conoscenze scientifiche degli anni ’90 sembrava proprio che nessuno dei pianeti del sistema solare potesse ospitare la vita eccetto la Terra, e non si conosceva ancora nessun pianeta extrasolare.

Eppure già si sapeva che il Sole è soltanto una delle circa cento miliardi di stelle della nostra galassia e che la Via Lattea è solo una delle forse altrettanto numerose galassie dell’Universo. Nella nostra sola galassia si stimava all’epoca la presenza di circa 600 milioni di pianeti con caratteristiche simili alla Terra, e quindi potenzialmente abitabili; pertanto la semplice probabilità statistica dell’esistenza in tutto l’Universo di luoghi adatti al sorgere della vita, almeno così come la conosciamo, risulta veramente molto elevata, come aveva brillantemente intuito il filosofo Giordano Bruno (De infinito universo et mundi) fin dal XVI secolo.

Negli ultimi anni la NASA ha diffuso dei dati che portano nuova linfa alla mia vecchia riflessione. Ciò che prima era solo una supposizione basata su una stima approssimativa, oggi è diventata una materia di rigorosa ricerca scientifica. L’ipotesi esobiologica all’interno del sistema solare si è arricchita di varie prove scientifiche: le ricerche effettuate in particolare dal Mars Global Surveyor nel 2006 e dalla sonda Curiosity nel 2012 hanno evidenziato prima la presenza di acqua liquida e poi la probabile presenza di vita microbiologica sul vicino pianeta Marte, che per anni era stato considerato del tutto arido e sterile, rivalutando anche l’ipotesi della panspermia, cioè della diffusione della vita da un pianeta a un altro. Mentre, in altri campi di ricerca, le osservazioni degli ultimi anni hanno definitivamente convinto gli scienziati che sia un fatto normale per ogni stella l’avere un sistema planetario.

La scoperta dei pianeti extrasolari

Francois Fressin, astrofisico del CfA (Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics), dopo aver scoperto il primo pianeta extrasolare simile alla Terra, ha presentato la sua ultima ricerca all’American Astronomical Society in California nel gennaio del 2013. Dopo i numerosi pianeti extrasolari scoperti  dal satellite Kepler della Nasa, lanciato a tale scopo nel 2009, Fressin ha analizzato le osservazioni su 150.000 stelle della nostra galassia e ne ha ricavato una stima attendibile sui cento miliardi di stelle presenti. La maggior parte delle stelle analizzate ha mostrato di possedere un sistema planetario, e ben il 17% di queste possiede un pianeta di dimensioni simili a quelle della Terra, al punto che si può stimare in 17 miliardi il numero di pianeti simili alla Terra presenti nella nostra sola galassia.

Stimando in circa 100 miliardi il numero delle galassie nell’Universo, si può ragionevolmente pensare che i pianeti di dimensioni analoghe a quelle della Terra possano essere in tutto pressappoco 1700 miliardi di miliardi! Un ordine di grandezza di 1021 pianeti simili alla Terra: un numero impressionante!

Non tutti i pianeti scoperti si troverebbero nella zona cosiddetta abitabile, cioè non troppo distanti dalla stella né troppo vicini, in modo da riceverne una quantità di energia simile a quella ricevuta dalla Terra, e quindi consentire la presenza di acqua liquida in superficie e il conseguente ciclo dell’acqua così come noi lo conosciamo, ma il numero stimato dei “candidati” a pianeta terrestre extrasolare risulta ancora talmente elevato da essere poco concepibile per la nostra mente.

Approssimativamente, se anche soltanto uno su mille dei pianeti di dimensioni simili al nostro fosse “abitabile”, ne dovrebbero ragionevolmente esistere almeno un miliardo di miliardi.

Lo studio americano dimostra che l’esistenza di pianeti extrasolari è un fatto del tutto normale nell’evoluzione delle stelle, e che la presenza di pianeti di dimensioni analoghe a quelle della Terra è molto più alta di quanto si stimasse solo pochi anni fa. Ne consegue che anche la probabilità che la vita si sia sviluppata al di fuori della Terra sia piuttosto alta.

Anche se questa stima in realtà non dimostra niente, perché la possibilità che un fatto possa avvenire non implica necessariamente che avvenga, ci deve almeno indurre a riflettere molto seriamente sulla questione, invitandoci a non liquidarla con superficialità, né a irriderla come hanno fatto coloro che fino a oggi si mostravano strumentalmente scettici e dogmatici.

È anche vero che, se esistono forme di vita su altri pianeti, queste potrebbero essere anche molto diverse dalla nostra, forse semplicemente unicellulari, primordiali o primitive: non necessariamente la presenza di vita extraterrestre implica ciò che noi consideriamo “vita intelligente”, né la possibilità, per questi ipotetici esseri viventi, di aver sviluppato una civiltà tecnologica, e meno che mai quella di essersi evoluti al punto da intraprendere viaggi interstellari o addirittura intergalattici fino a decidere di farci visita sulla Terra.

Ma, se davvero esistono un miliardo di miliardi di possibilità che un pianeta possa ospitare la vita, non è improbabile che da qualche parte nell’Universo ci siano forme di vita evoluta al punto da essere considerata “senziente” secondo il nostro punto di vista antropocentrico.

E naturalmente, se si ammette questa possibilità, si deve accettare la possibilità che in qualche caso una civiltà extraterrestre possa essersi sviluppata tecnologicamente anche molto di più della nostra attuale, al punto magari da potersi permettere viaggi spaziali per noi neanche immaginabili. I grandi numeri e il fattore tempo rendono questa evenienza plausibile, pur considerando eccezionali tutte le condizioni necessarie al suo verificarsi.

Il Paradosso di Fermi

Un’astrofisica italiana ha più volte affermato con imprudente sicumera che le distanze astronomiche sono tali da rendere “impossibile” il fatto che eventuali extraterrestri arrivino mai sul nostro pianeta; ma ciò è vero soltanto nell’ottica limitata della nostra possibilità tecnologica, anzi della nostra “attuale” possibilità, e non solo tecnologica.

Con maggiore autorevolezza scientifica, Enrico Fermi una volta dichiarò che se gli extraterrestri fossero esistiti, essi si sarebbero rivelati. In altre parole, secondo il cosiddetto “Paradosso di Fermi”, se l’universo è abitato da altre civiltà, perché la loro presenza non si è manifestata?

E qui si pongono ulteriori interrogativi di complessa e difficile trattazione oggettiva: gli extraterrestri si sono mai rivelati? Oppure dovremmo dire “non ancora rivelati”? Ovvero, potrebbero gli stessi avere dei motivi per non farlo, o non avere dei motivi per farlo, o non averne la possibilità, o noi potremmo non essere in grado di registrarne l’eventuale manifestazione?

Nel 1961 l’astrofisico Frank Drake elaborò una formula matematica per calcolare una stima del numero delle civiltà extraterrestri in base a una serie di parametri: tale stima risultò variabile da 0,0000001 a 600.000. In realtà questa appare oggi poco più di un’elaborazione del tutto congetturale, ma utile almeno a superare certi preconcetti, dal momento che è indubbio che almeno una volta nell’Universo una civiltà si sia certamente sviluppata (la nostra).

Gli extraterrestri si sono rivelati?

Questa domanda apre una serie di altri interrogativi, oltre a quelli scritti sopra. È possibile che i numerosi avvistamenti di oggetti volanti non identificati (UFO), per non parlare di altri ipotetici contatti, si possano classificare “tutti” quanti come effetti ottici, errori, allucinazioni collettive, scherzi di buontemponi e trucchi? O siamo piuttosto di fronte a un fenomeno che meriterebbe la seria attenzione della ricerca scientifica piuttosto che la sua pregiudiziale negazione?

Roberto Pinotti, autorevole ricercatore a livello internazionale, sociologo, presidente del CUN (Centro Ufologico Nazionale) e collaboratore del progetto SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence), ha una sua ipotesi di soluzione al “Paradosso di Fermi”. Pinotti ipotizza che le civiltà extraterrestri, in attesa di rivelarsi gradualmente, potrebbero tenerci in una sorta di “riserva indiana” protetta dagli inevitabili shock culturali connessi a un eventuale contatto pubblicamente manifesto. Per l’astrofisico britannico Stephen Hawking invece il fatto si spiegherebbe con l’estrema rarità del fenomeno della vita cosiddetta intelligente, talmente raro che essa non si è ancora manifestata neanche sulla Terra (sic!). Comunque la vita aliena, per il famoso scienziato, esiste anche nello spazio interstellare in forme e sostanze neanche lontanamente immaginabili, ma rappresenta per la nostra specie un concreto pericolo di estinzione.

Quando negli anni ’70 incontrai Joseph Allen Hynek, egli era già uno dei più famosi e seri ricercatori che avevano dedicato i loro studi a fare luce sul fenomeno. Il suo era un punto di vista molto logico ed estremamente razionale: gli avvistamenti (o presunti tali) di UFO e tutte le altre manifestazioni potenzialmente connesse al fenomeno venivano già in quell’epoca scrupolosamente verificati e le testimonianze controllate in modo molto severo.

In questo modo l’enorme numero di rapporti sugli UFO catalogati dal suo centro studi veniva drasticamente ridotto in base alla documentazione raccolta e all’attendibilità dei testimoni. Successivamente i pur sempre numerosi casi giudicati meritevoli di approfondimento venivano scientificamente classificati e studiati dagli ufologi.

Mi sembrò un metodo molto scientifico di procedere e mi chiesi per quale motivo il fenomeno UFO era considerato così poco meritevole di indagine da parte della scienza ufficiale. Chiesi a Hynek il suo parere e lui mi rispose parlando di opportunità politiche e di segreti militari, in sintonia con quanto anni dopo avrebbero rivelato il colonnello Philip J. Corso e, più recentemente, lo stesso premier russo Medvedev.

Come ripeto, ancora oggi, io non possiedo nessuna convinzione su questi misteriosi fenomeni, né sulla loro eventuale origine aliena, ma sono curioso di fronte a tutto ciò che ancora risulta inspiegabile; motivo questo che non mi porta comunque a negarne la stessa oggettiva realtà. L’applicazione pedissequa del principio euristico del “Rasoio di Occam” sembrerebbe escludere qualsiasi presenza di vita intelligente extraterrestre, ma questo soltanto secondo certe versioni dei fatti, e non sempre le cose sono come sembrano.

Il mio atteggiamento è aperto e possibilista nei confronti di tutta la realtà che ci circonda, e sono pronto in ogni momento a cambiare l’opinione che ne ho. Il tempo sarà probabilmente non soltanto un buon giudice, ma forse anche testimone di grandi scoperte e rivelazioni ancora inimmaginabili in questo e in altri campi di ricerca.

Giovanni Pelosini



Lascia un commento

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per inviarti pubblicità e servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all'uso dei cookie. Leggi tutto

The cookie settings on this website are set to "allow cookies" to give you the best browsing experience possible. If you continue to use this website without changing your cookie settings or you click "Accept" below then you are consenting to this.

Close