Chirone: Simboli e Miti dell’Asteroide-Cometa

Botticelli, Atena Pallade doma il CentauroNel 1977 un astronomo americano osservò un inusuale corpo celeste dal famoso osservatorio di Monte Palomar: lo strano oggetto aveva un diametro di circa 200 km e aveva l’aspetto di un asteroide, ma si muoveva in una parte del sistema solare molto distante dalla fascia situata fra l’orbita di Marte e quella di Giove. Lo strano asteroide percorreva un’orbita assai particolare in direzione di Urano. L’astronomo, che si chiamava Charles Thomas Kowal, ebbe il dubbio che si trattasse di una cometa, ma le dimensioni, l’assenza della coda e altri particolari infine lo convinsero a chiamarlo “2060 Chiron” e a classificarlo come un centauro: un asteroide, ovvero un planetoide, con un’orbita generalmente compresa fra quella di Saturno e quella di Urano.

Successive osservazioni confermarono però che Chirone iniziava a formare una chioma simile a quella di una cometa nell’avvicinarsi al perielio, e pertanto, nonostante le dimensioni di gran lunga superiori a quelle di ogni altra cometa conosciuta, fu classificato anche come tale con la sigla “95/P Chiron”.

Altri corpi celesti, con caratteristiche di planetoidi simili a comete di corto periodo, furono scoperti in seguito: Folo, Nesso, Asbolo e Cariclo; tutti con nomi di Centauri e con orbite eccentriche e suscettibili di variazioni dovute all’attrazione gravitazionale dei grandi pianeti gassosi come Giove, Saturno e Urano.

Il glifo

Il glifo dell’asteroide-cometa Chirone mostra una evidente lettera “K” che ricorda l’iniziale del cognome dello scopritore Kowal. La “K” si appoggia su un piccolo cerchio, simbolo presente in altri glifi astronomici e astrologici.

Nel suo complesso il glifo ricorda subito  l’immagine di una chiave, oggetto di grande significato simbolico che ha un utilizzo pratico per chiudere e aprire, quindi per accedere ovvero per impedire l’accesso.

ChironeIl potere di tenere al sicuro le cose più preziose e segrete di cui si ha il possesso è insito nel simbolo della chiave, che già abbiamo trattato in questa rubrica: possedere le chiavi significa avere potere e conoscenza, essere padroni e maestri di noi stessi, accedendo alla nostra più intima natura.

Ma altri aspetti simbolici del glifo appaiono ancora più interessanti. Notiamo la linea verticale che è posta sopra il cerchio, in modo simile al glifo di Urano: questa richiama genericamente il principio attivo e maschile, una mente volitiva e uno spirito ambizioso. Per certi aspetti, la linea verticale aumenta addirittura la spinta verso l’alto già presente nel glifo di Marte, in conformità con la natura aggressiva tipica dei Centauri nella mitologia greco classica.

La differenza però è notevole se si considera la punta della freccia, che nel glifo di Marte è decisamente rivolta verso l’esterno, e che in quello di Chirone sembra colpire lateralmente la linea verticale provenendo dall’esterno. In questo simbolo però c’è solo la punta della freccia: il resto manca, è stato asportato, oppure la freccia è “penetrata” e si è verticalizzata? Se così fosse, si potrebbe ipotizzare che sia implicito in questo simbolo, il concetto stesso di ferita e di guarigione, in perfetta analogia con il mito e con i significati astrologici.

Il mito

Si narra, infatti, che Eracle lanciasse un dardo bagnato nel velenoso sangue della mostruosa Idra, e che questo colpisse accidentalmente il ginocchio di Chirone, provocandogli una inguaribile e dolorosissima ferita: un tormento eterno per l’immortale centauro, che non poteva essere sanato neanche dalle arti di chi aveva istruito persino Asclepio, il dio della medicina.

Il più civile e saggio dei Centauri, creature brutali e selvagge dedite alle razzie e alle violenze, era figlio di Crono-Saturno che aveva amato sua madre Fillira in forma di cavallo: egli, diversamente dai suoi simili, era di natura benevola e molto sapiente. In particolare Chirone conosceva l’uso delle erbe in medicina ed era un abilissimo chirurgo.

Questa sua arte non gli fu di grande aiuto quando la freccia avvelenata lo colpì: probabilmente riuscì a togliersi il dardo dall’arto ferito, ma la punta della freccia (presente nel glifo) ormai aveva avvelenato il suo sangue, e simbolicamente aveva ferito il suo stesso spirito immortale giungendo in profondità attraverso la linea verticale della figura.

Nello spiegare il glifo si comprende forse meglio il senso della sofferenza intima e profonda dello sventurato Chirone, che giunse al punto di desiderare la morte: la punta della freccia tocca la linea verticale della sua forte volontà, e questa stessa linea conduce il veleno e quindi la sofferenza fino al cerchio in basso, sede della sua profonda essenza, della sua vita eterna, del suo spirito immortale.

Una profonda ferita giunge così a toccare non solo il corpo, ma soprattutto lo spirito. E nello stesso tempo può servire a comprendere la vera essenza di noi stessi, e, con questa, l’immenso valore del dono della vita.

Ci sono dolori troppo forti per essere sopportati e “veleni psichici” talmente insidiosi e penetranti che, una volta che ci hanno toccati, sembra impossibile eliminare.

E se non fosse possibile nemmeno “metabolizzare” tali veleni, ecco che il tormento diventa insopportabile, soprattutto nell’ottica di una vita eterna e di una ferita che mai si chiude, mai si cicatrizza.

Veleno e Guarigione

Nel mondo dei miti e dei simboli c’è allora forse la “chiave” per trovare una soluzione, mutuata in questo caso dalla microbiologia.

Capita che certi virus (parola che significa, non a caso, veleno) aggrediscano le nostre cellule infettandole con il loro DNA, obbligandole a riprodurre moltitudini di loro copie, e, infine, uccidendole. La piaga dolorosa che si forma sulle labbra a causa del virus Herpes simplex ne è un comune esempio. Chi ha contratto l’herpes labiale non può più liberarsene per tutta la vita, ma il ciclo virale diventa “lisogeno”: il DNA del virus si “incorpora” con quello della cellula infettata, ne diventa parte, e rimane latente senza riprodursi, e quindi senza provocare sintomi per lungo tempo. In questo modo il ciclo riproduttivo litico del virus e quindi la malattia si manifestano solo quando l’organismo è sottoposto a particolare stress. Viceversa il DNA del virus è “silente” e non si distingue sostanzialmente da quello della cellula umana: si riproduce con questo e si trasmette alle cellule figlie come un normale gene.

In assenza di fattori scatenanti, l’herpes non si manifesta: il nostro organismo ha, per così dire, “accettato” il virus estraneo, lo ha accolto in sé, ed è mutato. In questo modo la “ferita” è sanata, seppure in modo non definitivo.

Questo è il significativo messaggio simbolico di Chirone.

È uno strano processo di “guarigione” di un dolore bruciante e violento, che diventa sopportabile solo in quanto “temporaneo”: difficile mediazione psichica fra ciò che ci ferisce e le nostre difese immunitarie. È  come un necessario compromesso: l’accettazione dell’inevitabilità del dolore provocato da un veleno che è penetrato ineluttabilmente in noi, che non può essere giammai espulso, che non può essere definitivamente metabolizzato, che può essere solo accolto in noi, accettato, fatto nostro. Uno scambio necessario: accettare un dolore inevitabile in cambio della sua temporaneità.

Accettare ciò che non può essere eliminato è un atto di saggezza che evita la dispersione di preziose energie in inutili (e spesso anche dolorose) azioni “chirurgiche”.

Accettare il “veleno” che ci pervade senza scampo, senza invocare la nostra stessa fine, è un atto d’amore verso la vita, è un’occasione di crescita profonda e di trasformazione evolutiva.

Accettare questa trasformazione, impostaci, ma ormai non più evitabile, è anche la “chiave” per accedere a una parte di noi che forse ancora non comprendiamo, che forse a torto giudichiamo solo aliena e diversa, straniera e nemica, ma che in fondo (ormai) ci appartiene definitivamente.

Accettandola, questa nuova parte di noi generata dal dolore potrebbe trasformarsi in una nuova risorsa, in una nuova opportunità, in una nuova vita.

Chirone: la Dolorosa Evoluzione

L’asteroide-cometa Chirone è apparso all’improvviso nel cielo ed è entrato a far parte del sistema solare conosciuto. Come un virus ha “infettato” un sistema organico e funzionale portando instabilità, caos e imprevedibilità nell’ordine costituito. Ma forse è stato anche il messaggero di una trasformazione in atto, di una evoluzione. Una evoluzione certamente non indolore, non facile, ma che, come tutte le evoluzioni, porterà gli individui più adattabili verso una nuova organicità più funzionale ai sistemi complessi del futuro.

Giovanni Pelosini



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