Ancona, 17 febbraio 2017: Tarocchi, gli Specchi dell’Infinito

ruota-fine-dalla-torreIl Risveglio – Centro Studi

Incontro con l’autore

Giovanni Pelosini

Tarocchi

Gli Specchi dell’Infinito

Venerdì 17 febbraio, ore 21.15

Santa Maria Nuova (AN), Ex Scuola De Amicis, Via Matteotti

Info: tel. 339.6090320

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Prima del rivoluzionario pensiero rinascimentale e tarologico era naturale pensare ai casuali rovesci di fortuna, e agli inevitabili capovolgimenti dovuti al movimento di una Ruota capace di portare in basso ciò che era in alto e viceversa.

Fortuna è quella che discende e monta, ed a cui dona ed a cui tolle stato.[1]

Una tale variabilità era popolarmente riconosciuta anche al tempo ciclicamente mutevole, alle età e alle condizioni umane, e alla Luna, che si mostrava mutevole come la sorte spietata e vana.

O Fortuna, velut Luna, statu variabilis, semper crescis aut decrescis […]. Sors immanis et inanis, rota tu volubilis.[2]

Effettivamente, il X Arcano esprime la trasformazione ciclica continua e l’instabile alternanza delle situazioni, anche se tutto questo non è proposto come casuale imprevisto, ma piuttosto come prevedibile evoluzione di cause ed effetti.

L’uomo vive la sua esperienza tridimensionale nel cosmico divenire in cui tutto scorre e si trasforma. La sua comprensione della realtà, però, è condizionata dalla sua stessa posizione sulla Ruota vorticante. Il suo punto di vista, mobile e interno al vortice, è inevitabilmente limitato, distratto e soggettivo.

Del tutto soggettivi sono, infatti, i motti latini che talvolta accompagnano le quattro figure vorticanti. «Regnabo» (io regnerò), dice il giovane rampante, in rapida ascesa, aggrappato alla sinistra della Ruota: ha già una corona regale con tre punte in testa, e guarda sorridendo la vetta, mentre due riflessi brillanti accompagnano il suo crescente entusiasmo. «Regno» (io sto regnando), afferma la figura seduta più in alto: indossa un manto sontuoso da sovrano, e la corona imperiale; nelle mani tiene lo scettro del potere e il globo con la croce, simbolo dell’intera terra. «Regnavi» (io ho regnato), si lamenta con nostalgia l’uomo che scende sulla destra della Ruota: a testa in giù, non sorride, e scalcia per mantenere un precario equilibrio, mentre, aggrappandosi con tutte le forze per non cadere, vede la terra avvicinarsi velocemente. «Sum sine regno» (io sono senza regno), piange infine l’uomo che si trova nella parte più bassa della Ruota: sente tutta la gravità della sua posizione rovesciata e vede tutto capovolto, appeso e senza alcun vantaggio dalla sua situazione.

Solo la visione esterna e oggettiva della situazione complessiva riconosce l’impermanenza di ognuna delle quattro figure nelle rispettive posizioni, e soprattutto comprende che ogni personaggio sta per fare esperienza di tutte le tappe del ciclo.

Chi non sa perde di vista il senso stesso del proprio eterno girare.

Chi sa può guardare indifferentemente la ghianda e la quercia, al di là dell’apparenza dello scorrere del tempo.

Tratto da: Giovanni Pelosini, Tarocchi, Specchi dell’Infinito

NOTE
[1] Cecco Angiolieri, Sonetti, CVI, 5-6.
[2] Carmina Burana, Fortuna Imperatrix Mundi. (O Fortuna, mutevole come la Luna, sempre cresci o decresci […]. O Sorte spietata e vana, sei una ruota che gira).



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