Le Lacrime del Ministro

Forse pecco di ingenuità, ma sono rimasto colpito dalle lacrime di Elsa Fornero del 4 dicembre 2011, che rappresentano comunque un fatto inedito per un ministro in una conferenza stampa, quasi come se vedessi la stessa Italia piangere, come nella scultura del Canova che commemora Vittorio Alfieri. Ho letto e ascoltato alcune banalità sull’argomento, purtroppo firmate da grandi nomi su grandi testate, e non vorrei aggiungerne altre né entrare nel merito dei provvedimenti o della loro valutazione politica. Mi limiterò quindi a fare considerazioni esclusivamente dal punto di vista simbologico e mitologico.

Santa Ildegarda di Bingen paragonava la pioggia all’energia vitale dell’anima che poteva scendere come lacrime dal cielo a benedire la terra quando era regolare, mentre la distruggeva soffocandone i germogli scendendo irregolarmente, a scrosci eccessivi alternati a lunghi periodi di siccità. Così, prosegue Ildegarda, l’uomo timorato scoppia in lacrime e si purifica con lo scorrere delle lacrime, energia vitale che sgorga dal suo stesso corpo. Negli ultimi tempi in Italia, dopo l’inaridimento della terra dovuto a lunghi mesi di siccità, sono arrivate piogge violente e rovinose che hanno provocato danni e vittime in molte regioni, e si sono quindi evidenziati negli squilibri atmosferici gli eccessi opposti che già si manifestavano nelle tensioni politiche e sociali. Il potere fertilizzante delle lacrime della pioggia troppo a lungo attesa si è trasformato in potere distruttivo.

Ma le gocce che rigavano il volto del Ministro delle Politiche Sociali non sembravano avere questa carica dirompente e distruttiva; mi hanno ricordato piuttosto il pianto della Dea Aurora, quando seppe della morte di suo figlio Memnone sotto le mura di Troia, generando così la rugiada; o le preziose perle, che spesso somigliano alle lacrime; o le stesse lacrime delle figlie del Dio Sole che si trasformarono in gocce di ambra.

Ancor più ho ricordato il mito islamico dell’Arcangelo Gabriele, il quale, dopo aver cacciato Adamo e Eva dal giardino dell’Eden, non poté fare a meno di commuoversi; e di fronte al sacrificio imposto alla prima famiglia umana, pianse. Una verga proveniente dal Paradiso Terrestre fu donata ai due, forse come ultimo ricordo del luogo che da allora gli fu precluso per sempre, e le lacrime dell’arcangelo, bagnandola, la fecero germogliare. Quel virgulto fu il primo viticcio fertile che Adamo piantò ottenendone presto i dolci frutti dell’uva. Gabriele fu severo e fermo nello svolgere il suo compito, ma il vedere la sofferenza dell’uomo non lo lasciò indifferente e privo di compassione. Altra cosa sono le lacrime dette di coccodrillo, che manifestano ipocrisia e doppiezza, e non mai un sentimento di compassione legato ai miti del sacrificio e della rigenerazione.

Nei miti del nord Europa, che ora forse guarda il nostro Paese con uguale sentimento, per ragioni climatiche le lacrime non ricordano tanto la pioggia quanto il disgelo. La rinascita della vita primaverile dopo il gelo dell’inverno si mostra nel ritmico gocciolare delle stalattiti di ghiaccio che si consumano lentamente al sole sempre più caldo della nuova stagione. Gocce come lacrime del mondo che si risveglia al mutare dei tempi (Völuspà, 3):

La brina si sciolse e gocciolò, e da quelle gocce viventi si formò la vita”.

Nello stesso modo il potere della fecondità si manifesta nelle gocce che, come lacrime, sgorgano dalle corna del mitico cervo Eikthyrnir e vanno a alimentare i fiumi del mondo con il liquido divino originato dall’albero cosmico che è stato cibo dell’animale.

Così Freya, Dea della fecondità, pianse lacrime d’oro; e tutti gli esseri della Terra, viventi e non viventi, accettarono il sacrificio di piangere la morte di Baldr, affinché il dio potesse ritornare dal regno dei defunti. Piansero gli animali insieme agli uomini, le piante insieme alle pietre, i metalli si sciolsero in liquidi, il ghiaccio divenne acqua e il processo evolutivo della purificazione richiesta ebbe luogo. Chi non pianse fu sterile e inutile, come il malvagio dio Loki, le cui “lacrime asciutte” non favorirono la dinamica della necessaria metamorfosi. Analogamente, nel citato mito arabo di Adamo e Eva, il demone Iblis maledisse la pianta germogliata grazie alle lacrime angeliche, nel tentativo di rendere sterile il frutto del sacrificio e più amara la cacciata dall’Eden.

Molti cittadini sono stati irritati dal pianto di Elsa Fornero, e altrettanti si sono commossi: per gli uni e per gli altri c’è solo da augurarsi che il sacrificio bagnato dalle lacrime sia in questo modo reso fertile come un atto simbolico e mitico di purificazione e rinnovamento di un popolo che si è trovato improvvisamente cacciato dall’Eden del benessere, e che ora, come Adamo e Eva, dovrà lavorare di più per continuare il suo percorso di vita.

Giovanni Pelosini



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