Il fiume delle idee (di Lorenzo F.L. Pelosini)

Salve a tutti! Allora…? Come va? In famiglia tutto bene? Sì, io me la cavo… È cambiato il tempo, eh…? Mah… queste stagioni…
Oddio! E ora che mi invento? Sono qui davanti al computer e la fantasia sembra avermi abbandonato. Sarà scappata alle Hawaii con qualche scrittore di successo. Ma di solito, prima o poi torna. Però io di cosa posso parlare oggi?
Ma certo! Parlerò proprio di questo: della mancanza di idee. Questa sì che è un idea!
Vi ricordate quando parlavamo dell’emozione che fugge? È un po’ come quando vostra moglie vi lascia: di solito si porta via anche i bambini. E la macchina. Così quando l’emozione se ne va, magari nel cuore della notte, mentre dormite (forse perché si sente trascurata), con essa spariscono le idee e il desiderio.
E allora vi ritrovate a fare quello che anch’io sto per fare, prendere qualcosa di già preesistente e riciclarlo come base per qualcos’altro.
E così ci ricolleghiamo ancora una volta all’andazzo hollywoodiano (sopratutto) nell’ultimo decennio.
Datemi pure del pazzo, ho notato che dopo il ’98, qualcosa nel cinema si è rotto, o almeno è cambiato drasticamente.
Dopo l’11 settembre la sicurezza dell’America è stata messa in crisi e la crisi è arrivata alle radici del Cinema.
Così, oltre al fatto che anche i più grandi registi, sembrarono aver raffreddato il loro consueto ardore per la settima arte, cominciò anche il saccheggio delle zone limitrofe al Cinema stesso.
Prima sono arrivati i film sui libri (usanza già antica), poi i film sui fumetti, poi quelli sui videogiochi e infine quelli sui giocattoli.
Adesso che si inventeranno? Un film su un phon?
Doppie punte: una storia vera.
Ora, scherzi a parte: se sparassi a zero su ogni film che ha alle spalle un’opera letteraria o grafica o anche una storia vera, escluderei gran parte dei film che ho profondamente amato e sarei un idiota.
Non è bandendo le categorie che si risana il mondo. Pensiamo a Hitler.
Pensiamo al Signore degli Anelli, universalmente considerato uno dei capolavori assoluti del grande schermo.
In verità, quello che mi fa imbestialire non è mai il “cosa”, ma il “come”.
Per esempio, i film di Spiderman (almeno i primi due episodi), contengono a mio parere una grande forza espressiva, sono ben orchestrati ed ogni aspetto della loro realizzazione è stato affidato a persone estremamente competenti e appassionate.
Questo ha comportato il fatto che prima di essere portato sullo schermo cinematografico, il personaggio, l’ambiente e le vicende, hanno subito un adattamento. Ciò non significa solo prendere le immagini delle vignette e metterle in movimento, ma comporta una lievitazione e una presa di maggiore tangibilità dell’intera opera.
Il fatto che Spiderman fosse indubbiamente uno dei fumetti migliori di tutti i tempi non significava che da esso potesse venire fuori un buon film, come sicuramente Michael Jordan potrebbe non giocare a golf così bene come gioca a basket.
Ma alla fine è successo, perché ogni storia è sempre bella, solo e soltanto quando viene raccontata bene.
Con questo non sto attribuendo valore alla forma e non alla sostanza: dico solo che ogni cosa (dalla più semplice alla più complessa) deve essere posta in forma gradevole per essere assimilata.
Tutti noi abbiamo dentro sensazioni straordinarie, ma abbiamo bisogno di trovare un canale che ci permetta di esprimerle. E che gli altri capiscano.
Per far sì che un corso d’acqua (anche il più limpido) diventi un fiume e arrivi al mare, c’è però bisogno che ogni elemento naturale o artificiale sul suo percorso ne assecondi il movimento e lo conduca a valle nel modo migliore. Ogni cosa che il fiume trova diventa, nel bene e nel male, parte di esso e il fiume che arriverà alla foce non sarà mai lo stesso che è sgorgato dalla sorgente.
Talvolta però accade, e questo per un fattore umano, che alcuni, per paura di contaminare la purezza del ruscello, evitino perfino di toccarlo e lo lascino semplicemente scorrere evitando che qualunque cosa vi entri in contatto.
Per tornare al Cinema, questo succede quando un regista decide di ricalcare, anziché interpretare; in quel caso il fiume della creatività non gli passa attraverso, ma solo accanto.
Per giungere alla conclusione, se il mare del Cinema si inaridisce, non dipende, a mio parere, tanto dalla fonte (benché la genuinità dell’acqua sia sacrosantamente importante), ma dipende piuttosto dai canali in cui l’acqua viene fatta scorrere.

A questo proposito, come già avevo preannunciato, vorrei lasciare la parola ad un mio carissimo amico, nonché alter ego, che ha scritto tempo fa una recensione sul super-acclamato “300“, uno dei fumetti che negli ultimi anni è stato trasposto al cinema.
Vi consiglio di non prenderlo troppo sul serio: il ragazzo ha qualche propensione al sarcasmo.

LOCANDINA

di Christopher Lorean

All’epoca dell’antica città stato di Sparta, il giovane principe Leonida, a undici anni, è ormai pronto per avventurarsi nudo nel bosco, in pieno inverno, per uccidere un lupo alto due metri.
Anni dopo, ormai adulto, muscoloso e depilato sovrano, dopo aver diplomaticamente scaraventato l’ambasciatore persiano in un pozzo senza fondo, dichiara guerra al re Serse.
Così, dopo aver arruolato 300 coraggiosi bodybuilder di inclinazioni di confusa sessualità, protetti solo da uno scudo, un elmo, un mantello, un’abbondante dose di olio abbronzante e da un perizoma sadomaso, partono per le Termopili per difendere la patria.
Il regista Zack Snyder attua con successo una fedelissima riproduzione del fumetto di Frank Miller, tanto che i primi cinque attori sono gli unici elementi fisici del film, il resto, dalle orde di nemici al set e agli addominali, è stato realizzato grazie alla computer grafica che dà al tutto uno stampo fumettistico.
Gli stessi protagonisti, sapientemente diretti, si sforzano con successo di essere il più possibile monoespressivi e bidimensionali per rispettare l’autenticità della vignetta.
Se per voi le immagini di un fumetto sono troppo ferme, 300 è il film per voi.

Lorenzo F.L. Pelosini



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