Scudo o guscio? (di Lorenzo F.L. Pelosini)

Oh, cavolo! Questa volta sono in un bel guaio… Fra meno di due ore devo andare dalla mia ragazza e se non arrivo in orario, magari lei mi rimprovererà di essere stato tutto il tempo a blaterare di cinema in uno dei miei articoli sconclusionati.
«Quando sei con me parli di cinema, quando non sei con me parli di cinema. Fai anche qualcos’altro nella vita?»
In effetti, no. Dovrei registrare tutti i miei monologhi sui film e venderli per guadagnarmi da vivere.
Ecco, parliamo un po’ di questo, vi va? La domanda è: il Cinema ci fa vivere o ci allontana dalla vita?
Partiamo da una mia confessione piuttosto intima. Quando ero piccolo (ok, a volte mi succede anche adesso), nel momento in cui uscivo da una sala cinematografica, magari dopo aver volteggiato sui palazzi di New York, o dopo essermi librato in volo sull’Isola Che Non C’è o dopo aver trovato l’amore sotto una pioggia scrosciante, provavo una strana sensazione.
Avete presente i tappeti elastici? Finché ci salti sopra ti senti al settimo cielo, in estasi. Salti e salti e pensi che con un po’ di allenamento e un po’ più di spinta potresti riuscire ad arrivare talmente in alto da fare “ciao ciao” a Dio con la manina.
Ma appena scendi giù, la gravità ritorna a schiacciarti la schiena e ti ricorda chi è che comanda. Tu provi a saltare e subito ti senti afferrare per le caviglie da delle mani rapaci e spingere a terra con violenza.
«Vinco io», dice la cruda Realtà.
E così mi sentivo appena uscito dal cinema: disorientato, poco cosciente di dov’ero finché la vita e il mondo esterno non si sono manifestati in tutta la loro gloria.
Guardare un film è come respirare ossigeno puro, invece di quella miscela di anidride carbonica e vari tipi di smog assortiti che è l’aria. È un mondo di emozioni perfette, incontaminate.
La prima tentazione che ti assale è la stessa che ti coglie sul tappeto elastico. In realtà è una cosa abbastanza naturale: fatto un salto, se ne fa un altro.
E si può davvero andare avanti così: passare la vita a cercare di raggiungere il cielo con un tappeto a molla. In definitiva, avventurarsi nel mondo solo per passare da un cinema ad un altro.
Ma ecco la fregatura: andare pazzi per una sola cosa e considerare tutto il resto alla stregua dello sterco è un atteggiamento di una ed una sola categoria di persone: i drogati.
C’è una canzone dei Queen che dice: “Too much love will kill you” (troppo amore ti ucciderà).
Prendendole in senso lato, queste parole possono essere un monito a non sviluppare dipendenza ossessiva per qualunque aspetto della vita. Diciamo che la parola amore può essere meglio tradotta, in questo caso, come “ossessione”.
Stephen King ha detto: «L’amore è una droga.»
Io dico: tutto è una droga. Ogni cosa, se ne abusiamo, ci porta ad una sorta di overdose che può essere letale in senso figurato, ma anche letterale. Il Cinema non fa eccezione.
Ma come sempre, la colpa dei grandi e dei piccoli disastri non è quasi mai dovuta al mezzo, ma sempre all’uso che se ne fa.
Il Cinema mi ha salvato e continua a salvarmi ogni giorno della mia vita. Se mi sento triste, ho Jim Carrey, se sono sfiduciato mi guardo Hook, e mentre ascolto le musiche di John Williams, è già tutto passato.
Il trucco sta nell’assumerlo con moderazione.
L’amore è come una farfalla: se stringi troppo muore, se lasci la presa vola via“, ha detto qualcuno.
E così il cinema può essere un guscio dove rifugiarsi e perdersi in un mondo diverso (non dico “falso” perché sapete come la penso), ma può anche essere una potente arma e l’unica difesa che ci rimane in una società disincantata. Può essere uno scudo per portare avanti la battaglia per la vita, almeno di qualche passo. Dipende tutto dall’uso che ne vogliamo fare.

Lorenzo F.L. Pelosini



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