Noè, l’Arca e il Diluvio Universale

Arca di Noè, Cronache di NorimbergaIl mito del diluvio e del mitico Noè costruttore dell’arca è presente non solo nella tradizione ebraica, cristiana e musulmana, ma è praticamente universale: presso i Sumeri si narrava di Ziusudra, superstite del disastro delle acque e capostipite degli uomini; a Babilonia lo chiamavano Utnapistim, nella Valle dell’Indo Manu Yaivasata; nelle terre dei celti Dwytach. Il nostro Noè è un eroe conosciuto da sempre in continenti lontani e separati anche culturalmente dal vecchio mondo: in Messico gli Aztechi lo conoscevano come Cox Cox, gli indiani del Delaware come Powaco. Ma curiosamente in Amazzonia gli indigeni lo chiamano Noa, nelle isole Hawaii Nu-n, e in Cina Nuwah, e l’assonanza di questi nomi appare essere qualcosa di più di una semplice coincidenza.
Ovunque, come tracce di un remoto passato sepolto nella memoria mitologica, riaffiorano racconti e leggende, forse eco di un antico disastro planetario realmente avvenuto.
Secondo alcuni studiosi di archeoantropologia, seguaci delle teorie di Sitchin, alla fine dell’ultima Era Glaciale gli Anunnaki guidati da Enlil (rammentati poi come Dei) decisero di lasciare estinguere il genere umano con la catastrofica alluvione che essi avevano previsto. Ma uno di questi Dei, Enki, il creatore dell’uomo, volle salvare alcuni uomini e animali, affinché ripopolassero il pianeta quando le acque si fossero ritirate. La vicenda è ripresa quasi integralmente dall’Antico Testamento, nel quale però il disaccordo fra gli Dei sumeri ovviamente non figura (Genesi, 6, 7-8):
Il Signore disse: -Sterminerò dalla terra l’uomo che ho creato: con l’uomo anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito d’averli fatti-. Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore”.

L’origine dell’uomo sulla terra e i misteriosi Nephilim

Che cosa aveva provocato una tale condanna? Per quale motivo il Signore si pente di aver creato la vita sulla Terra? La Genesi accusa gli uomini di quel tempo di una non meglio precisata “malvagità”, lasciando però intendere che tale malvagità aveva avuto origine dal fatto che i “figli di Dio” (gli angeli?) si erano accoppiati con le “figlie degli uomini” generando i Nefilim (parola più tardi tradotta forse erroneamente come “Giganti”), creature ibride che divennero poi eroi e uomini famosi dell’antichità. Non è chiaro però perché il Signore volle sterminare anche gli animali, che certamente non potevano essere responsabili delle colpe degli umani o degli angeli ribelli.
Nell’apocrifo Libro dei Giubilei (V, 2) troviamo a questo proposito maggiori dettagli:
E crebbe la malvagità sulla terra e tutti gli esseri corruppero il loro modo di vivere, dagli uomini agli animali, alle fiere, agli uccelli e fino a tutti quelli che si muovono sulla terra. Tutti corruppero il loro modo di vivere e le proprie regole e presero a divorarsi fra loro; la malvagità aumentò sulla terra e i pensieri della mente di tutti furono egualmente, in ogni tempo, malvagi”.
Il Libro dei Giubilei lascia quindi immaginare un tempo primordiale precedente al diluvio nel quale non esistevano animali carnivori, e anche l’uomo poteva fare a meno di uccidere per cibarsi. L’origine di tale “malvagia” abitudine sul nostro pianeta anche in questo testo viene messa in relazione con la genetica, e con l’accoppiamento tra i figli di Elohim (più tardi considerati “angeli”, o più semplicemente “vigilanti” o “guardiani”) e le figlie degli uomini.
La narrazione dell’episodio acquista maggiore chiarezza leggendo anche altri testi apocrifi: un gruppo di “angeli” ribelli, anziché vigilare sul rispetto delle norme stabilite, avrebbe disubbidito alle regole, generando creature ibride, forse anche creando incroci genetici animali disapprovati o proibiti. Autori contemporanei come Zecharia Sitchin, Mauro Biglino e Biagio Russo cercano di interpretare questi oscuri passi biblici, e concordano nell’ipotesi che i mitologici “Dei” sumeri siano stati gli originari protagonisti di una vicenda realmente accaduta, che sembra avere a che fare con la creazione dell’essere umano da parte di esseri tecnologicamente evoluti, e la sua successiva capacità di riprodursi tramite operazioni che oggi chiameremmo di ingegneria genetica. Sitchin e Biglino, in particolare, ipotizzano che gli Dei sumeri, detti Anunnaki, e i loro guardiani o vigilanti fossero in realtà degli extraterrestri.
La vicenda si complicò, pare, proprio a causa del disaccordo fra questi “Dei”, alcuni favorevoli e altri decisamente contrari a concedere alle creature umane la possibilità di comprendere, emanciparsi, riprodursi; fatto che sembra anche in logica correlazione con il cosiddetto “peccato originale”. In ogni caso ciò che esplicitamente anche Genesi condanna è soprattutto la nascita di ibridi generati da “angeli” e umani.
Il Libro di Enoc specifica, infatti:
E il Signore disse a Gabriele: […] Distruggi, di fra gli uomini i figli di meretrice e i figli degli angeli vigilanti” (1Enoc II, X, 9).

Il lungo tempo passato e la frammentarietà dei documenti, spesso mal tradotti, si sommano alle culture e alle credenze religiose rendendo assai difficile poter affrontare l’argomento della creazione dell’uomo con mente libera da ideologie e pregiudizi. Mi fermo quindi, dopo aver citato brevemente le teorie degli autori suddetti, invitando i lettori interessati a approfondire l’argomento eventualmente formando una propria opinione.
Torniamo invece a Noè e alla sua arca.

Lo strano bambino di nome Noè

Doveva essere veramente uno strano personaggio Noè. Le antiche scritture autorizzano a immaginarlo in vari modi: originale, ingegnoso, tendenzialmente vegetariano, ambientalista ante litteram, visionario, pacifico ma intransigente, primo ad abusare dell’alcool, capace di coinvolgere il suo gruppo familiare in un’impresa folle e impegnativa come quella di costruire una gigantesca imbarcazione di salvataggio per tutti gli esseri viventi terrestri.Matusalemme, Anthony Hopkins
Secondo la tradizione apocrifa, Noè apparve essere un bambino particolare, strano, fin dai primi giorni di vita.
Attingiamo interessanti notizie ancora dai testi apocrifi. Lamech, figlio di Matusalemme e nipote di Enoc, appare sgomento di fronte alla nascita del figlio Noè, riconoscendo in lui caratteristiche somatiche proprie dei Nefilim (detti poi “Giganti”), e nutrendo quindi dubbi sulla fedeltà della moglie:
Ed ecco che pensai in cuor mio che il concepimento fosse opera dei Guardiani, la gravidanza dei Consacrati, e che egli appartenesse ai Giganti, ed in cuor mio la storia di questo figlio mi sconvolgeva. Poi, io, Lamech, impaurito, mi rivolsi a mia moglie Bitenosh, e le dissi: -Giurami sull’Altissimo, il Grande Signore, il Re dell’Universo, …i figli del cielo, che mi dirai la verità…” (dal Papiro di Qumram 1QapGen).
L’aspetto del piccolo Noè è descritto come segue:
…il suo colore è bianco più della neve e rosso più della rosa, i suoi capelli sono bianchi più della bianca lana e i suoi occhi sono come i raggi del sole ed egli ha aperto gli occhi ed ha illuminato tutta la casa” (1Enoc, XX, CVI, 10).
Nonostante le evidenti caratteristiche genetiche del bambino, la moglie di Lamech negò di aver avuto rapporti con i Guardiani, ma evidentemente il dubbio a lui rimase, visto che si rivolse per un consiglio al padre Matusalemme, che a sua volta si recò dal vecchio Enoc, che aveva una certa intimità con i Guardiani, e che così profeticamente rispose:
Questo figlio che vi è stato generato, egli solo resterà sulla terra e tre suoi figli si salveranno con lui.
Quando sulla terra moriranno tutti gli uomini, lui ed i suoi figli si salveranno.
Ed adesso annuncia a tuo figlio Lamech che questo che è nato è veramente suo figlio e chiamalo Noè, perché egli vi sopravviverà ed egli ed i suoi figli si salveranno dalla distruzione che giungerà sulla terra…” (1Enoc, XX, CVI, 16-18).

L’arca e il diluvio

E così, quando Noè divenne adulto e giunsero i tempi prossimi al diluvio, così Dio gli parlò:
Fatti un’arca di legno di cipresso; dividerai l’arca in scompartimenti e la spalmerai di bitume dentro e fuori. Ecco come devi farla: l’arca avrà trecento cubiti di lunghezza, cinquanta di larghezza e trenta di altezza. Farai nell’arca un tetto e a un cubito più sopra la terminerai; da un lato metterai la porta dell’arca. La farai a piani: inferiore, medio e superiore.
Ecco io manderò il diluvio, cioè le acque, sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni carne, in cui è alito di vita; quanto è sulla terra perirà. Ma con te io stabilisco la mia alleanza. Entrerai nell’arca tu e con te i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli. Di quanto vive, di ogni carne, introdurrai nell’arca due di ogni specie, per conservarli in vita con te: siano maschio e femmina. Degli uccelli secondo la loro specie, del bestiame secondo la propria specie e di tutti i rettili della terra secondo la loro specie, due d’ognuna verranno con te, per essere conservati in vita” (Genesi, 6, 14-20).
Le istruzioni furono molto precise, ed era anche molto chiaro che Noè e la sua famiglia non avrebbero dovuto cibarsi degli animali destinati a ripopolare il pianeta, visto che subito dopo si specificò:
Quanto a te, prenditi ogni sorta di cibo da mangiare e raccoglilo presso di te: sarà di nutrimento per te e per loro” (Genesi, 6, 21).

Noè 2Quando arrivarono le acque del diluvio Noè aveva seicento anni, età che all’epoca era normale raggiungere e superare. La sua famiglia aveva lavorato duramente per eseguire la volontà del Signore e le istruzioni erano state seguite alla perfezione. Quando le sorgenti del grande abisso eruppero e le cateratte del cielo si aprirono il Signore stesso chiuse le porte dell’arca e per quaranta giorni e quaranta notti piovve ininterrottamente.
Quaranta è un numero ricorrente e simbolico per esprimere un periodo molto lungo di piogge, che comunque fu seguito da un ancor più lungo periodo di galleggiamento dell’arca sulle acque che restarono sulla terra per centocinquanta giorni prima di ritirarsi.
A quel punto l’arca si posò sui monti Ararat a nord dell’odierna Turchia. È lì che gli archeologi hanno a lungo cercato i suoi resti, ma i numerosi ritrovamenti di tracce non sono mai stati confermati.
A partire da quel monte, secondo la tradizione biblica, il mondo intero fu ripopolato di uomini e di animali.

Gli aspetti simbolici

Le vicende narrate hanno molti elementi di straordinarietà dal punto di vista simbolico. In particolare trovo che sia estremamente raro trovare in miti così arcaici il concetto moderno di ecologia. Migliaia di anni fa, e, ahimè, ancora oggi, i concetti di ecosistema, di rapporti interspecifici e di catena alimentare dovevano essere necessariamente primordiali, eppure nelle istruzioni a Noè si fece un esplicito riferimento a salvare dalla distruzione anche alcuni tipi di animali che non erano di alcun interesse diretto per l’umanità. Arca di NoèPer esempio si raccomandò di far salire sull’arca anche i serpenti, «i rettili che strisciano sulla terra», animali che certamente non erano utilizzati dall’uomo in nessun modo, e che potevano essere considerati inutili se non dannosi. Tutti sembrarono aver diritto di cittadinanza sulla terra: sia gli animali puri che quelli considerati «immondi». Persino oggi l’interesse ecologico della sopravvivenza di ogni specie in un contesto globale di pericoloso decremento della biodiversità è un concetto poco chiaro a troppe persone.
Riconosciamo quindi in Noè un antenato degli ecologisti, un protettore della natura, più che un preservatore degli animali domestici.

Ma soprattutto Noè ancora rappresenta l’uomo che si fida delle proprie intuizioni, e non esita a impegnare tutte le sue energie per un grande progetto, assumendo rischi per se stesso e per i propri cari. Un uomo già anziano che pensa al futuro del mondo, che lavora per assicurarlo ai propri discendenti: un vero patriarca, ricco di pietas, meritevole di diventare l’antenato di tutto il futuro genere umano.
I suoi tre figli Sem, Cam e Jafet furono i capostipiti i tutte le future etnie e i loro nomi sono ricordati ancora nelle loro stirpi. Si volle forse con questo mito anche giustificare la schiavitù alla quale furono condannati i Canaanei (Camiti) dalla maledizione di Noè pronunciata contro il figlio minore Cam, colpevole di aver deriso il padre addormentatosi nudo dopo aver bevuto troppo vino della sua vigna coltivata sui terreni fertili che l’acqua aveva infine liberato alle pendici del monte Lubar. Sembra proprio che il germe del male debba sopravvivere nell’umanità, anche dopo la purificazione del diluvio, anche fra i discendenti di Noè.

Giudizio, Tarocchi AureiAltro aspetto simbolico di grande rilevanza è il nuovo patto siglato da Dio con i superstiti del diluvio, un’alleanza siglata nel cielo con un arcobaleno fra le nubi, ricordo eterno presente in molti diversi modi nelle antiche iconografie, compresi i Trionfi medievali e rinascimentali:
L’arco sarà sulle nubi e io lo guarderò per ricordare l’alleanza eterna tra Dio e ogni essere che vive in ogni carne che è sulla terra” (Genesi, 9, 16).
Le regole della nuova alleanza con gli uomini vincolano i discendenti di Noè da allora in poi a non «mangiare carne con la sua vita» e a non spargere mai il sangue di altri uomini. Dio benedisse Noè e i suoi figli dando loro la facoltà di cibarsi di tutto quanto si muove e ha vita come già ne avevano di mangiare le «verdi erbe», specificando però di non mangiare nessuna carne con il sangue, cioè con l’anima, simbolo di vita fluente.
Per parte sua Dio si impegnò a non scatenare mai più alcun diluvio per devastare la terra.
L’arcobaleno in cielo fu il simbolo dell’alleanza e la garanzia di questo patto; un segno che già gli antichi interpretavano come la fine di un temporale o di una forte pioggia, l’emblema della pace dopo la tempesta. La certezza che il cielo e le sue acque hanno cessato di combattere contro la terra.

NoèNon tutto questo si trova in Noah, film del 2014 di Darren Aronofsky costato 125 milioni di dollari: come tutti gli adattamenti cinematografici hollywoodiani, il film è un’opera narrativa particolare, con trama accattivante ma romanzata, ridotta, adattata, e anche profondamente diversa dalla tradizione biblica, forse un po’ troppo. Di certo il film non affronta direttamente il controverso problema di fondo: l’origine dell’uomo. Vi si trovano però alcune suggestioni visive che l’ottimo regista spesso ci ha regalato, e le immagini del film, pur poco riuscito, rievocano comunque l’antica storia di Noè. Anche se molti aspetti simbolici e profondi sono in secondo piano, è richiamato il fascino eterno della storia antichissima dell’uomo che costruì l’arca e salvò gli animali: la storia che anche i bambini di tutto il mondo conoscono da sempre; la storia oscura delle nostre origini, con tutti i suoi misteri.

Giovanni Pelosini



2 Commenti a "Noè, l’Arca e il Diluvio Universale"

  1. Gaspare O. Melcher

    Caro Giovanni,
    avendo visto in Egitto tante costruzioni anche sotterranei, che probabilmente hanno piu`di 10 000 anni, ho avuto occasione, di chiedere il Prof. Dia El Badr,( Cairo ) se l`Egitto non conosce un mito sul diluvio.
    Mi disse: Ma certamente, e´la storia di Sindebad, che tratta quel evento.

  2. Giovanni Pelosini

    Molto interessante. Il mito di Sindebad è pressocché sconosciuto in Occidente: ti va di scriverne qui?

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