Il Muro sulla roccia (I simboli di Gerusalemme: II parte)

Poche decine di metri separano la Cupola d’oro islamica dal Muro del Pianto, uno dei luoghi più sacri dell’ebraismo. Pochi metri di distanza che però sono uno spazio infinito di inimicizia esaltata dall’intolleranza dei fondamentalisti di ogni epoca e di ogni cultura.
Il Muro divide fisicamente e simbolicamente lo spazio sacro della Città Vecchia: eppure a Gerusalemme, sulla stessa roccia, sulla stessa montagna, i fedeli di diverse confessioni religiose trovano il loro centro spirituale.
Il Muro Occidentale è l’ultimo importante resto del Tempio di Erode, edificato sulle rovine del Tempio di Salomone: come tale, è uno dei più importanti luoghi di preghiera e di meditazione degli ebrei ed è chiamato Muro del Pianto proprio per ricordare con rammarico la distruzione di quell’antico edificio sacro.
Nel 2003, proprio mentre si iniziava a costruire un altro grande muro per separare i palestinesi dai figli di Israele, il Gran Muftì di Gerusalemme ha ancora rivendicato la proprietà del Muro del Pianto come parte integrante della Moschea Al-Aqsa, affermando che il suo vero nome è quello arabo: “Muro Splendente“.
È difficile, oltre che inutile, stabilire a chi appartenga oggi questo antico muro: se oggi fosse ancora vivo, il saggio re Salomone forse direbbe di assegnarlo per metà ai due pretendenti, previa la sua definitiva distruzione, al fine di vedere chi veramente ha a cuore la sua esistenza. Se le pietre di quel muro sono sacre, lo sono per tutta l’umanità.
Nel 19 a.C. quelle enormi pietre furono assemblate da 18.000 operai per ordine di Erode: l’obiettivo era quello di far rivivere il simbolo antico del Tempio, il centro spirituale degli israeliti, sede dell’Arca dell’Alleanza con Dio, ma anche l’emblema della loro unità e della loro indipendenza. Un simbolo che solo pochi anni dopo sarebbe stato umiliato dalle legioni romane e vanificato dalla diaspora che ne seguì.
Storicamente il problema nacque in quell’epoca turbolenta, con un popolo disperso e spesso perseguitato nei vari angoli del mondo, che, anche per questo motivo, mantenne ben saldi i legami con la tradizione e con il secolare augurio di tornare un giorno nella terra di provenienza: “L’anno prossimo a Gerusalemme“.
Nel 362 l’Imperatore Giuliano concesse agli ebrei di ricostruire l’antico Tempio, ma ciò non avvenne mai a causa di un terremoto e della morte prematura dell’imperatore, che, per una serie di circostanze sfortunate, non passò alla storia per la tolleranza, la cultura e la sensibilità che possedeva.
Fu così che gli Ommayyadi, che regnarono su Gerusalemme dopo la conquista araba, poterono costruire sulle rovine dell’altopiano la Cupola della Roccia, nel 691, e la moschea Al-Aqsa, nel 715.
Un testo musulmano dell’epoca afferma:

Il posto più santo (al-quds) sulla terra è la Siria;
il posto più santo nella Siria è la Palestina;
il posto più santo nella Palestina è Gerusalemme (Bayt al-maqdis);
il posto più santo in Gerusalemme è la Montagna;
il posto più santo in Gerusalemme è il luogo di culto (Al-Masjid),
e il luogo più santo nel luogo di culto è la Cupola”.
Analogamente nel Midrash Tanhuma si legge:
“La terra di Israele è situata nel centro del mondo,
Gerusalemme nel centro della terra di Israele,
il Santuario (Bet ha-miqdash) nel centro di Gerusalemme,
il Santo dei Santi (Ha-Hekal) nel centro del Santuario,
e la pietra di fondazione su cui il mondo fu fondato è situato di fronte al Santo dei Santi
“.

Dopo secoli di lotte per il possesso della Roccia Sacra, è davvero singolare che l’attenzione sia focalizzata proprio su di un “Muro”: un simbolo di separazione e di interruzione di comunicazione. Una montagna artificiale di pietre squadrate e massicce non può che indicare una frontiera, un limite definitivo. C’è chi da un muro si può sentire protetto, ma c’è anche chi se ne sente prigioniero. La sicurezza si può ricercare costruendo una muraglia come recinto, ma un eccesso di difesa può produrre un senso di soffocamento. Quindi una splendente muraglia può essere una prigione, anche se dorata. In ogni caso, il muro “divide” e porta a pensare che il mondo possa essere diverso da un lato e dall’altro di esso.
La muraglia separa idealmente i cosiddetti “bene” e “male”, nell’illusione di una realtà separata e nell’arroganza di credere di sapere qual è il lato “giusto”.
Non è un caso che uno dei motivi di discordia fra i popoli di Gerusalemme sia proprio il possesso del Muro, che ormai è il simbolo stesso della loro separazione.

Giovanni Pelosini

Pubblicato su «AstroMagazine», febbraio 2006

La Roccia Sacra (I simboli di Gerusalemme – I parte)

La Rocca dei Templari (I simboli di Gerusalemme – III parte)



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